Mentre i leader dell’Unione Europea si preparano a discutere sul tavolo del Consiglio Europeo quale sia il peso da dare al nucleare nel contesto della transizione energetica, il 21 marzo 2024 a Bruxelles è andato in scena il Nuclear Energy Summit 2024 organizzato dall’Agenzia Internazionale dell’energia atomica (IAEA). All’evento hanno partecipato i leader di 30 Paesi e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha rilanciato il ruolo dell’atomo alla pari con le energie rinnovabili nella transizione verso l’energia pulita.
La posizione dell’UE a favore del nucleare non è una novità. Dal gennaio 2023 nucleare e gas sono stati inseriti nella tassonomia dell’Unione Europea e sono, di fatto, sullo stesso livello delle energie rinnovabili. Ma il summit di Bruxelles ha fatto un passo avanti portando i leader di governo a prendere un impegno con la firma di una Dichiarazione che stabilisce le priorità e le intese comuni per spingere questa fonte energetica per scopi civili nell’ottica della transizione a una società a emissioni zero. L’obiettivo è creare un’Unione Europea dell’energia nucleare con un piano strategico atteso nel 2025.
Energia nucleare: quali sono i trend di mercato
Negli ultimi 5 anni c’è stata un’accelerazione verso l’energia nucleare a livello globale. L’esplosione di tre reattori della centrale giapponese di Fukushima nel 2011 è ormai un ricordo sbiadito. L’emergenza climatica e la ricerca di fonti energetiche meno inquinanti ora è la priorità. In attesa del Piano strategico dell’Unione Europea sul nucleare, molti Paesi stanno definendo quale ruolo può avere per contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici UE. In che direzione si muoveranno?
Per capirlo un buon punto di riferimento è il World Nuclear Industry Status Report 2023 che analizza lo stato e le tendenze dell’industria nucleare a livello globale. In particolare:
Le nuove centrali sono in ritardo
Una delle condizioni per il via libera del nucleare nella tassonomia europea è che l’energia provenga da centrali di nuova generazione. Il report ha valutato lo stato di avanzamento dei lavori nei Paesi che hanno già cominciato a costruire o modificare centrali nucleari esistenti e le potenzialità di quelli che stanno per cominciare i lavori, esaminando lo stato dello sviluppo di piccoli reattori modulari di nuova generazione (SMR ).
Il risultato? Le centrali nucleari in fase di sviluppo sono in ritardo e non saranno in grado di contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni di carbonio in questo decennio. Qualsiasi nuova centrale nucleare che verrà annunciata nel 2024 non sarà collegata alla rete fino a ben oltre la scadenza del 2030 che prevede il contenimento della temperatura del Pianeta entro 1,5 gradi centigradi.
La geopolitica del nucleare
Il report dedica un intero capitolo all’economia e alla finanza dell’energia nucleare. Il risultato? Le pressioni competitive persistenti costringono il settore nucleare a fare affidamento su un crescente sostegno statale. Ma non solo. L’energia nucleare è costosa e pericolosa sia dal punto di vista finanziario sia ambientale e, di recente, è tornata ad esserlo anche militarmente. Dal punto di vista geopolitico, il report ricorda la politica nucleare statunitense che prevede diversi nuovi meccanismi di sussidio per spingere lo sviluppo delle centrali. Nonostante questo, nel 2023 la produzione di elettricità da nucleare in Usa è scesa al 18,2%, il livello più basso degli ultimi 25 anni.
Tornando in Europa, la Germania ha chiuso i suoi ultimi tre reattori nell’aprile 2023, mentre per la Francia che produce il 70% della sua energia dalle centrali nucleari il 2023 è stato un anno catastrofico. La produzione nucleare francese è scesa sotto il livello del 1990 e, per la prima volta dal 1980, la Francia ha dovuto importare energia elettrica trascinando la società di servizi pubblici EDF verso un indebitamento insostenibile e alla sua rinazionalizzazione.
Durante COP 28 che si è tenuta a Dubai a dicembre 2023, 25 Paesi (tra cui Francia, Regno Unito e Stati Uniti, ma anche Paesi non nucleari come Albania, Ghana e Moldavia) si sono impegnati a triplicare la capacità nucleare globale installata entro il 2050. Cina e Russia, i due Paesi che trainano la produzione mondiale di reattori, non sono tra i firmatari dell’impegno. A metà del 2023, la Cina aveva il maggior numero di reattori in costruzione (23), nessuno all’estero. La Russia domina il mercato internazionale con 24 unità in costruzione di cui 19 in sette Paesi, inclusa la Cina (4). A fine 2023 sono 413 le centrali nucleari attive a livello globale.
IDEE DI INVESTIMENTO
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- Pictet – Clean Energy Transition Classe R Usd Si tratta di un azionario energia e materie prime che investe in maniera globale. Partito nel 2007 investe in società di tutto il mondo che contribuiscono e beneficiano della transizione a livello globale verso una produzione e un consumo di energia meno basati sulle energie fossili. Rende il 5,81% a tre anni (dati Morningstar aggiornati a marzo 2024). Tecnologia e beni industriali sono i primi settori in portafoglio, a livello geografico il 68% è investito sull’America.
- RobecoSAM – Smart Energy Equities Classe D Eur è un azionario energia e materie prime che investe a livello globale sulla decarbonizzazione del settore energetico attraverso investimenti in fonti di produzione di energia pulita, prodotti e infrastrutture efficienti dal punto di vista energetico, tecnologie a sostegno dell’elettrificazione di industria, trasporti e del riscaldamento. Partito nel 2020 il fondo rende il 5,22% a tre anni (dati Morningstar aggiornati a marzo 2024). Tecnologia e beni industriali sono i primi settori in portafoglio, a livello geografico il 54% è investito sull’America.
- BGF Sustainable Energy Fund Class E2 EUR è un fondo azionario energia e materie prime e ha un rendimento a tre anni del 3,32% (dati Morningstar aggiornati a marzo 2024). Investe almeno il 70% del patrimonio in azioni di società operanti nel settore delle energie alternative e tecnologiche. Partito nel 2001 ha come primi settori in portafoglio tecnologia e beni industriali, investe America il 43% ed Europa il 9% del portafoglio.
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Note
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