Chi aveva scommesso sul prolungamento del Quantitative Easing (Qe) da parte di Mario Draghi è rimasto deluso a metà. Il governatore della Banca centrale europea (Bce) ha lasciato i tassi fermi ai minimi storici, come era atteso, ma non ha preso alcuna decisione e non ha nemmeno aperto la discussione sull’estensione o ampliamento del programma di acquisti di titoli di Stato o corporate bond. I mercati non si sono sorpresi, però si attendevano forse qualcosa in più. La non decisione di Draghi ha comunque ribadito una certezza: il programma di acquisto titoli va avanti fino al marzo 2017 o oltre “se necessario”. Ed è su quel “se necessario” che si culla ancora la speranza, tanto che la reazione delle Borse cadute nell’immediatezza è stata temporanea così come la ripresa dell’euro sul dollaro che è poi tornato ai livelli di sempre.
A ben guardare, la non decisione di Draghi è un segnale positivo per l’economia dell’Unione europea, perché significa che non ci sono stati cambiamenti così importanti da modificare l’azione della Bce. La prova? Rispetto alle previsioni di giugno, quelle formulate nella riunione di settembre sono minime: il Pil 2016 è passato da 1,6 a 1,7% mentre quello del 2017 è sceso da 1,7 a 1,6. Le stime sull’inflazione poi sono rimaste immutate allo 0,2% nel 2016 che diventa 1,2% nel 2017 e 1,6% in 2018. Cosa significa? La ripresa è attesa a un tasso moderato anche se i rischi al ribasso restano. E c’è un’indicazione in più: Brexit ha provocato, secondo lo staff della Bce, un calo della domanda estera ma ha comunque avuto un “piccolo impatto” sugli indicatori di fiducia e incertezza.
Tassi Ue: Mario Draghi segue la linea tedesca
Per Mario Draghi la politica monetaria sta dando i suoi frutti e tocca ai governi fare qualcosa di più in termini di riforme strutturali e in investimenti, sposando la linea tedesca. La Bce ha acquistato finora oltre 1.300 miliardi di euro di titoli, di cui 1.000 miliardi riguardanti bond sovrani con una media di 55,5 miliardi al mese, attraverso il Qe e non ha per ora intenzione di andare oltre, buttando la palla ai politici dell’Unione europea e dei singoli Stati che possono e devono fare di più.
La ragione? La crescita economica dell’Eurozona nel secondo trimestre è in contrazione: a giugno il Pil della zona euro è sceso a +0,3% da +0,5% del primo trimestre, secondo Eurostat, che ha confermato una crescita dell’1,6% su base annua. Italia, Francia e Finlandia risultano gli unici Paesi europei con la crescita ferma nel secondo trimestre ma anche la Germania ha tirato il freno con una crescita solo dello 0,4% dopo il rialzo dello 0,7% del periodo gennaio-marzo 2016. Secondo la maggioranza degli economisti, l’appuntamento con l’allungamento del Qe è solo rimandato a dicembre. Draghi aspetterà la riunione dell’8 dicembre, l’ultima del 2016, per annunciare un nuovo piano di acquisti con regole diverse da quelle attuali.
IDEE DI INVESTIMENTO
Il Qe della Bce si è esteso anche ai fondi azionali con il programma CSPP (Corporate sector purchase programme), che ha avuto un impatto positivo sul mercato obbligazionario europeo, ma il suo effetto sarà comunque limitato secondo l’agenzia Moody’s. In attesa di un possibile ampliamento del Quantitative Easing, la certezza è che il tasso zero nell’area euro durerà ancora a lungo. Ecco i principali effetti per chi investe:
- I rendimenti delle obbligazioni di Stato sono negativi. Questo porta chi vuoe investire in obbligazioni ad aumentare il rischio. Una buona alternativa sono i fondi obbligazionari specializzati sui mercati emergenti che stanno vivendo un momento positivo e i fondi obbligazionati corporate che stanno beneficiando delle manovre dell Bce, anche in sterline.
- Un Pac per investire a piccole dosi sull’azionario. Per chi investe in queste fasi di grandi cambiamenti la formula migliore è sempre quella dell’ingresso a piccole dosi sia che si tratti di obbligazioni, sia che si punti sul mercato azionario. I benefici del Piano di accumulo (Pac) in queste fasi di mercato sono evidenti.
Note
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