In gergo finanziario si chiama cleantech ed è il settore che combina la tecnologia e il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e ha risvegliato l’interesse dei grandi investitori di venture capital sempre a caccia di start up di successo. La ragione? Il settore cleantech può capitalizzare il business economico delle città intelligenti e dell’Internet delle Cose e dei dati che possono essere utilizzati per affrontare sfide dall’efficienza energetica al traffico, alla criminalità e alla sanità pubblica. Il mercato della smart city, secondo dati Bloomberg che cita una ricerca del 2014 della società di consulenza Frost & Sullivan potrebbe valere 1,57 miliardi di dollari entro il 2020 solo nel segmento delle start up applicate alle città intelligenti e rilanciare l’interesse verso il cleantech dopo il flop dei pannelli solari e dei biocarburanti nel 2000.
A dare la spinta decisiva è la gestione dell’energia che sta creando terreno fertile per le giovani aziende. Qualche esempio? Radiator Labs, nata dal’idea di un gruppo di studenti universitari della Columbia University e ha l’obiettivo di ridurre i rifiuti di calore nei radiatori e sarà testata nelle scuole; l’inglese Pavegen, che crea pavimenti che convertono i passi in energia, prevede di installare la sua tecnologia al Dupont Circle di Washington.
Smart city: arriva la certificazione Bloomberg per città intelligenti
E poi ci sono le iniziative sulla vita energetica delle città lanciate dai Comuni per migliorare la qualità della vita. Nell’estate del 2016, per esempio, a Chicago sono stati installati centinaia di sensori in tutta la città per raccogliere informazioni sulla qualità dell’aria, il traffico, la temperatura, la luce, il monossido di carbonio, il rumore e altro ancora. La città di Chicago ha incoraggiato le aziende e i ricercatori privati a utilizzarli ogni volta che si prende in considerazione il lancio di una nuova infrastruttura.
Il progetto Chicago sarà replicato in altre 20 località in tutto il mondo e per misurare le politiche locali basate sui dati per migliorare l’infrastruttura intelligente della loro città è già pronta una certificazione. A lanciarla è il Bloomberg Philanthropies che ha stilato 50 criteri a cui i comuni che voglio diventare smart city devono rispondere. All’appello sono chiamate le città statunitensi con 30.000 o più residenti.
IDEE DI INVESTIMENTO
Le città sono affamate di energia e, secondo dati della Banca Mondiale, ospitano il 54% della popolazione mondiale ma emettono ben il 70% dei gas serra a livello globale. Dal momento che la popolazione mondiale è destinata a salire a 9,7 miliardi entro il 2050 e le risorse naturali scarseggiano, le città devono diventare più intelligenti. Per questo l’efficienza energetica è un punto cruciale e un tema di investimento di lungo periodo secondo l’analisi del Comitato di consulenza del Comparto Pictet-Clean Energy: non si tratta non solo di adottare nuove forme di generazione e stoccaggio di energia, ma anche di aprire alla e-mobility, a tecnologie edili innovative e a una maggiore connettività.
L’avvento delle smart city efficienti sotto il profilo energetico apre diverse opportunità di investimento, non solo in società votate all’innovazione nel campo delle energie pulite (tecnologie per la costruzione degli edifici, smart e e-mobility, produzione manifatturiera, fornitura di energie pulite, stoccaggio di energia, smart grid), ma anche in aziende tecnologiche più tradizionali che vogliono conquistare nuovi mercati.
Per investire sul trend delle smart city la scelta migliore è un fondo che investe sulle nuove energie (Categoria Morningstar: Azionari Energie Alternative). Ecco i migliori fondi azionari per rendimento a tre anni:
- Robecosam Smart Energy Fund-eur Classe B rende il 7,59% a tre anni (+0,99% da gennaio a novembre 2016). Il comparto che fa capo a Multipartner sicav è gestito da Thiemo Lang che investe in azioni di società di tutto il mondo (inclusi i paesi emergenti) operanti nel settore delle energie alternative. Gli Stati Uniti pesano per il 52% su portafoglio, la tecnologia è il primo settore.
- Bgf New Energy Fund Eur Classe E2 rende il 5,69% a tre anni (+0,32% da gennaio a novembre 2016). Il fondo gestito da Alastair Bishop investe a livello mondiale almeno il 70% del patrimonio in azioni di società operanti nel settore delle nuove energie. L’Europa vale il 31% del portafoglio, mentre gli Usa pesano il 26%. Il primo settore in portafoglio sono i beni industriali (35,5%).
- Pictet – Clean Energy Classe R Eur rende il 4,79% a tre anni (+1,65% da gennaio a novembre 2016). Il fondo è gestito da Xavier Chollet che investe in società a livello globale che contribuiscono e beneficiano della transizione a livello globale verso una produzione e un consumo di energia meno basati sulle energie fossili. I settori in cui investe sono: efficienza energetica (70%), infrastruttura di gas naturale (15%) e le fonti rinnovabili (15%). Gli Stati Uniti pesano per il 53% sul portafoglio.
Note
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.
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