Da una parte ci sono le aziende farmaceutiche per le quali la produzione di antibiotici è diventata non profittevole, dall’altra c’è un report dell’Onu che ha lanciato un allarme sanitario globale perché gli antibiotici oggi in commercio non sono più efficaci e, a meno che il mondo non agisca urgentemente, la resistenza antimicrobica avrà un impatto disastroso da qui al 2050. Il conto che presenta l’Onu nel suo rapporto è anche economico e può essere riassunto in tre punti chiave:
- Le malattie resistenti ai farmaci già causano almeno 700.000 morti all’anno a livello mondiale, tra cui 230.000 morti da tubercolosi multi resistente, una cifra che potrebbe aumentare a 10 milioni di morti a livello mondiale all’anno nel 2050 nello scenario più allarmante, di cui circa 2,4 milioni di persone nei Paesi ad alto reddito.
- Il danno economico della resistenza antimicrobica secondo l’Onu potrebbe essere paragonabile allo choc sperimentato durante la crisi finanziaria globale 2008-2009 a causa di un aumento drammatico delle spese per l’assistenza sanitaria; dell’impatto sulla produzione di alimenti e mangimi – l’uso di antibiotici è prassi negli allevamenti intensivi – e anche dell’aumento della povertà e della disuguaglianza.
- Nei paesi a più alto reddito, secondo l’Onu, un pacchetto di semplici interventi per affrontare la resistenza antimicrobica potrebbe evitare costi elevati. Nei paesi a basso reddito, invece, sono necessari investimenti urgenti.
Il grido d’allarme lanciato dall’Onu si scontra con il business degli antibiotici che, da tempo, non è più profittevole per le aziende farmaceutiche. La ragione? I farmaci hanno prezzi sempre più bassi e i grandi produttori rinunciano a svilupparne di nuovi o preferiscono uscire dal settore. Sanofi, per esempio, ha venduto la sua unità antibiotica a giugno del 2018 a Evotec SE, un’azienda biotecnologia tedesca. Novartis, sempre nel nel 2018, ha interrotto la ricerca sugli antibiotici e ha ceduto il brevetto di tre antibiotici sperimentali alla startup americana Pharmaceuticals Inc. Ma questi esempi sono la punta di un iceberg ben più vasto: secondo dati del Pew Charitable Trust riportati da Bloomberg, su 42 antibiotici oggi allo studio che siano efficaci per l’uomo, solo 4 provengono dalle 50 maggiori compagnie farmaceutiche del mondo.
La speranza è riposta nelle aziende biotecnologiche ma la loro massa critica è troppo bassa per permettersi di sperimentare un antibiotico per decenni prima di lanciarlo sul mercato. Per questo in America si fa strada l’ipotesi di lanciare incentivi pubblici che spingano il Big Pharma a riconsiderare il segmento degli antibiotici per il bene comune. Le aziende come Merck, una delle poche grandi del settore farmaceutico ancora impegnate nella ricerca sugli antibiotici, ha accolto la sfida di stabilizzare il mercato degli antibiotici di ultima generazione, ma i fatti sembrano dare ragione a chi ha lasciato il mercato. L’esempio è Achaogen, società americana che ha passato gli ultimi 15 anni a sviluppare antibiotici contro superbatteri resistenti e con successo dal punto di vista della salute pubblica, ma non da quello del conto economico: Achaogen ha presentato istanza di fallimento ad aprile 2019 e questo nonostante avesse incassato 250 milioni di dollari in sussidi e contratti da agenzie governative e organizzazioni mediche, tra cui circa 124 milioni nell’ambito di un programma federale per combattere le minacce biologiche emergenti.
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La resistenza dei batteri agli antibiotici è rischio reale, così come è evidente che negli ultimi decenni siano aumentati gli agenti patogeni resistenti a questi farmaci. Il numero di nuovi antibiotici sviluppati dagli anni Settanta si è costantemente ridotto e le case farmaceutiche si sono concentrate sull’innovazione di farmaci per la prevenzione e la cura delle malattie cardiovascolari, il cancro e le malattie croniche che sono più redditizie. «In un’ottica di medio e lungo termine crediamo ancora che la sanità offrirà buone performance per diverse ragioni fondamentali, tra cui l’invecchiamento della popolazione che favorisce la domanda di ricerche innovative e di cure più efficienti», ha commentato Moritz Dullinger gestore di Pictet – Health Classe R Eur. «In campo medico ci sono molte esigenze non ancora soddisfatte o gestite in modo inadeguato e i progressi tecnologici come l’intelligenza artificiale e la robotica permettono di sviluppare soluzioni di cura innovative, con l’obiettivo di ridurre le inefficienze e gli sprechi e al contempo migliorare la qualità dei trattamenti». Per il gestore di Pictet la maggiore attenzione alla salute diventa un megatrend importante, in quanto i consumatori vogliono mantenere o migliorare il proprio stato di salute.
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