Dall’anticipo delle pensioni per uscire dal lavoro prima, al bonus per i lavoratori precoci che hanno cominciato a lavorare prima dei 18 anni e hanno 41 anni di contributi, fino all’aumento delle quattordicesime. C’è tutto quello che si ci attendeva alla vigilia nell’accordo siglato tra Governo e sindacati il 28 settembre 2016 e per il quale si prevede prevede una seconda fase per rendere più equo e flessibile il sistema di calcolo contributivo. La flessibilità, del resto, è la caratteristica a cui tende la riforma di Tito Boeri, presidente dell’Inps, fin dal su insediamento, per rendere sostenibile il sistema previdenziale italiano Le misure previdenziali definite nell’accordo tra governo e sindacati, saranno inserite nella legge di Bilancio.
Per attuare le misure, il Governo ha previsto di stanziare 6 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Per gli operatori del risparmio è una buona notizia e una spinta ulteriore verso la costruzione di forme alternative di previdenza. Ma quanto risparmio in più è necessario per mantenere lo stesso tenore di vita dopo la riforma? Secondo Nadia Vavassori, Responsabile Business Unit SecondaPensione di Amundi SGR, la riforma consente di anticipare la data di pensionamento attraverso una sorta di autofinanziamento, con l’obbiettivo principale di liberare posti di lavoro. “Questa situazione anticipa e intensifica la necessità di integrare la pensione pubblica con la previdenza complementare che, per essere significativa e adeguata allo scopo, deve essere alimentata nel corso dell’attività lavorativa destinando ad essa il massimo possibile, ossia il risparmio personale e il TFR” ha sottolineato Vavassori.
E il mercato della previdenza integrativa è in movimento per rivedere l’offerta, tagliandola su misura delle nuove necessità dopo la riforma e delle tante storie personali a cui si dovrà dare una risposta. “Stiamo lavorando per renderla il più flessibile possibile, accompagnando ogni singolo aderente nel percorso di costruzione della propria dote previdenziale” ha detto Vavassori. “Il nostro obiettivo è aiutare il cliente a ottimizzare l’allocazione del proprio risparmio nel lungo periodo, riducendo errori comportamentali e rischi e fornendo consulenza a 360° anche sugli aspetti normativi e sull’ottimizzazione fiscale”.
Ecco in sintesi i punti chiave della riforma delle pensioni:
- Anticipo pensionistico volontario (APE): è indirizzato a chi compie 63 anni ed è distante meno di 3 anni e sette mesi dall’età di vecchiaia. Potrà andare in pensione anticipata grazie al prestito pensionistico purché l’assegno maturato non sia inferiore a un certo limite (ancora da definire). L’Ape è esente da imposte ed è erogata mensilmente per 12 mensilità. Secondo alcune stime, la rata potrà sfiorare il 25% dell’importo della pensione per 20 anni nel caso di anticipo per la durata massima. In caso di premorienza il capitale residuo sarà rimborsato dall’assicurazione e quindi non si rifletterà sulla pensione di reversibilità o sugli eredi. La riforma prevede che possa essere l’impresa, ovvero il datore di lavoro, a sostenere i costi dell’Ape “attraverso un versamento all’Inps di una contribuzione correlata alla retribuzione percepita prima della cessazione del rapporto di lavoro”. Perché l’impresa sia coinvolta serve un accordo sindacale aziendale.
Esiste poi una forma di Anticipo pensionistico volontario agevolato che è rivolta a particolari categorie di lavoratori come, per esempio, i disoccupati senza ammortizzatori sociali, chi ha esigenze di cura familiare, chi ha svolto lavori gravosi ecc). Nell’accordo tra Governo e sindacati non è stato trovato ancora un limite di reddito. - Pensionamento anticipato con previdenza complementare (RITA): c’è un impegno da parte del Governo ad eseguire interventi fiscali per accrescere la flessibilità di utilizzo di questo strumento anche per l’uscita dal mercato del lavoro tramite una “rendita temporanea” (RITA) per il periodo che manca alla maturazione del diritto alla pensione.
- Quattordicesima a chi ha un reddito inferiore a mille euro: la mensilità aggiuntiva adesso è percepita da circa 2,1 milioni di persone, con la riforma dovrebbero salire a circa 3 ,3 milioni che hanno un reddito personale complessivo, quindi non solo pensionistico, tra circa 750 euro al mese e 1.000 euro. La quattordicesima vale tra i 336 euro (per chi ha meno di 15 anni di contributi) e 504 euro (per chi ne ha oltre 25 anni) ed è erogata una volta l’anno a luglio. Per chi ha già il beneficio l’incremento dell’importo dovrebbe essere pari a circa il 30%.
- I lavoratori precoci in pensione prima: potranno uscire con 41 anni di contributi i lavoratori che hanno 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni nel caso abbiano svolto attività faticose, siano disoccupati senza ammortizzatori sociali o siano in condizioni di disabilità. Sono inoltre eliminate le prossime penalizzazioni sul trattamento pensionistico per coloro che escono prima dei 62 anni.
- Cambia la tassazione: si prevede l’aumento della detrazione di imposta (riconosciuta fino a 55.000 euro) per tutti i pensionati al fine di uniformare la loro no tax area a quella dei lavoratori dipendenti (8.125 euro).
IDEE DI INVESTIMENTO
Tutte le ipotesi di flessibilità in uscita dal lavoro sono sul tavolo del Governo e già entro l’estate potrebbero essere discusse nel merito. Accanto a queste misure, c’è anche l’intenzione di un rafforzamento del cosiddetto secondo pilastro, la previdenza complementare dei fondi pensione, che sarà rafforzato grazie a una riduzione dell’aliquota fiscale: adesso è pari al 30% dovrebbe essere riportata all’11,5%. Per i futuri pensionati, la scelta è da fare oggi per assicurarsi una pensione integrativa domani. Una strada è quella dei fondi pensione che hanno caratterische ben definite.
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Note
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