Il prezzo del petrolio viaggia ormai stabilmente sopra i 90 dollari al barile e può tranquillamente arrivare a 100 dollari entro la fine del 2023. Accanto a questo, la Russia ha cominciato un’altra guerra: lo stop alla produzione di diesel che sta mettendo in ginocchio le raffinerie globali e ha conseguenze dirette su industria, trasporti, energia.
Perché petrolio e diesel sono aumentati
Dalla fine di luglio 2023 è cominciata la corsa al rialzo dei prezzi di petrolio greggio e dei prodotti raffinati. In particolare:
- Brent sù del 20%. Il petrolio greggio, ovvero il Brent, è scambiato poco sopra i 90 dollari al barile, in crescita del 20% rispetto a giugno 2023. La ragione? La domanda globale di petrolio ha raggiunto i 103 milioni di barili al giorno, un nuovo massimo storico. Ma non c’è solo questo. Il recente rally del prezzo del greggio è stato sostenuto da forti tagli alla produzione da parte dell’OPEC, in particolare dell’Arabia Saudita. Ad aprile, l’Arabia Saudita esportava ancora 7,4 milioni di barili al giorno di petrolio greggio. Ad agosto, questo valore è sceso a 5,4 milioni di barili al giorno, un calo insolitamente forte in uno spazio di tempo molto breve. La conseguenza è un mercato in deficit a causa della diminuzione delle scorte e dell’aumento dei prezzi.
- Diesel sù del 60%. I prezzi del diesel sono aumentati del 60% rispetto a giugno 2023 e recentemente hanno superato nuovamente la soglia dei 1.000 dollari per tonnellata. La corsa del diesel viene da lontano. Le chiusure di produzione durante il Covid-19, le difficoltà logistiche nel sostituire il greggio russo nelle raffinerie europee e un numero inaspettatamente elevato di interruzioni non pianificate, in parte a causa di un’estate calda, hanno di fatto ridotto la capacità di raffinazione. In sostanza, le raffinerie di petrolio del mondo non riescono a produrre abbastanza diesel. La conseguenza è l’apertura di un nuovo fronte inflazionistico e un danno per il settore industriale e dei trasporti che si alimentano a carburante.
- Il braccio di ferro con la Russia. Da febbraio 2023 l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno vietato le importazioni di prodotti petroliferi raffinati dalla Russia. Oggi che i prezzi sono alle stelle la Russia ha bloccato le esportazioni di gasolio anche verso gli Stati su cui aveva riorientato l’offerta (America Latina, Nord Africa e Turchia) e questo provocherà un ulteriore aumento dei prezzi. Secondo Bloomberg, l’impatto del blocco della produzione russa non è calcolabile perché dipenderà dalla durata. Ma la conseguenza è certa: la decisione della Russia di vietare le esportazioni di diesel e benzina rischia di interrompere le forniture di carburante prima dell’inverno.
IDEE DI INVESTIMENTO
Sembra un paradosso, ma il rialzo del 20% del prezzo del barile è una difesa contro l’inflazione se si investe nel settore energia. La ragione? Il sentiment sul settore è cambiato: è attesa una crescita dei dividendi e le valutazioni sono interessanti per chi cerca un reddito e protezione dall’inflazione in un contesto geopolitico incerto, secondo l’analisi di Morgan Stanley Research.
In particolare:
- Scarso impatto sull’inflazione. Per le economie di mercato sviluppate, il passaggio dai prezzi del petrolio all’inflazione complessiva tende ad essere in media modesto. Secondo le stime, nell’Eurozona un aumento come di 20 dollari al barile provoca un rialzo di circa 50 punti base dell’inflazione complessiva che diventano 35 punti base per l’inflazione di fondo.
- I prezzi dell’energia influenzano i consumi. Una recente ricerca della FED stima gli effetti dei prezzi del petrolio sui consumi e su Prodotto interno lordo (PIL) globale. Si stima che un aumento del 10% dei prezzi del petrolio deprimerebbe la spesa per consumi nell’area euro di circa 23 punti base. La ragione? La domanda di energia da parte dei consumatori tende a essere anelastica. Cioè, è più difficile sostituire l’acquisto di energia rispetto ad altre categorie di spesa.
I migliori fondi per investire in energia
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- BGF Natural Resources Growth & Income Fund Classe E2 EUR è un azionario globale che investe globalmente almeno il 70% del patrimonio complessivo in titoli azionari (quali azioni) di società operanti prevalentemente nel settore delle risorse naturali quali, in via non esclusiva, società operanti nel settore minerario, energetico e agricolo. Rende il 24,42% a tre anni (dati Morningstar aggiornati a settembre 2023). Partito nel 2011 ha materie prime ed energia come primi settori in portafoglio, l’America è il primo mercato con il 42%, segue il Canada con il 18%.
- Jpm Global Natural Resources A (dist) – Eur è un azionario globale che investe in azioni di società impegnate nella ricerca per lo sviluppo, la raffinazione, la produzione e la commercializzazione a livello mondiale di risorse naturali e dei prodotti da esse derivati. Rende il 21,89% a tre anni (dati Morningstar aggiornati a settembre 2023). Partito nel 2005 ha materie prime ed energia come primi settori in portafoglio, l’America è il primo mercato e pesa il 39%, segue Uk con il 16%.
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Note
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