La domanda che tutti si fanno oggi è: in che modo l’Intelligenza Artificiale (IA) generativa avrà un impatto sull’occupazione e sui dipendenti? Secondo l’analisi di McKinsey che, per ora, si ferma al mercato del lavoro americano, entro il 2030 il 30% delle attività statunitensi potrebbe essere automatizzato (prima dell’avvento dell’IA generativa il valore è al 21%).
La tecnologia intelligente è applicata a tantissimi ambiti lavorativi già da tempo: creazione di contenuti e immagini, idee o soluzioni basate su immense quantità di dati in campo sanitario e della produzione industriale, solo per fare alcuni esempi. Nei prossimi 3-5 anni, l’impatto dell’IA generativa si sposterà su lavori più specializzati (direttori generali e operativi, infermieri professionali, sviluppatori di software, contabili e revisori dei conti e servizio clienti).
L’accelerazione dell’IA applicata al lavoro avvenuta nell’ultimo anno e mezzo sta avendo una conseguenza più sottile che però è da tenere in considerazione: aumenta la sensazione di non essere coinvolti sul lavoro, il cosiddetto desengagement o disimpegno.
A dircelo è sempre una ricerca McKinsey secondo cui, il disimpegno dei dipendenti potrebbero costare caro alle aziende quotate sull’indice S&P 500. In che modo? Potrebbero perdere in media tra i 228 e i 355 milioni di dollari all’anno in termini di produttività. Da qui al 2030 la perdita di valore salirebbe a circa 1,1 miliardi di dollari per singola azienda.
Lavoro: quali sono i gradi di impegno in azienda
La ricerca McKinsey ha individuato sei gruppi di lavoratori a seconda del grado di coinvolgimento in azienda. In particolare:
- Quitters, ovvero quelli che mollano. Si tratta di dipendenti che da tempo maturano l’idea di dare le dimissioni e sono in media il 10% del personale. Sono lavoratori che hanno generalmente performance sopra la media e per questo sono insoddisfatti del loro trattamento in azienda.
- Disruptors, ovvero i disgregatori. Sono dipendenti che creano un clima negativo in azienda che non è necessariamente dovuto al loro comportamento, ma a come l’azienda li tratta e alla percezione dei loro pari. Sono in media circa l’11% della forza lavoro.
- I leggermente disimpegnati. Hanno prestazioni di solito inferiori alla media. Non sono soddisfatti, ma nemmeno pronti a mollare, dedicano il tempo a impegni minori e disturbano i colleghi. In media sono il 3% della forza lavoro di un’azienda.
- I double dipper, ovvero i poco chiari. Rappresentano circa il 5% della forza lavoro e sono distribuiti lungo tutto lo spettro della soddisfazione. In genere lavorano da remoto per svolgere più impegni alla volta.
- Le persone affidabili e impegnate. Rappresentano in media il 38% dei lavoratori di un’azienda. Sono disponibili con i loro colleghi condividendo idee per progetti e sono impegnati continuamente nel miglioramento dei loro team.
- Le stelle di successo. Sono circa il 4% della forza lavoro e apportano grande valore all’azienda. Raggiungono elevati livelli di benessere e prestazioni e creano un equilibrio tra lavoro e vita privata grazie a flessibilità e resilienza.
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Note
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