Il sistema finanziario ha scoperto in queste settimane di aver investito poco negli ultimi tre anni sullo sviluppo di farmaci antivirali. La prova arriva da un’analisi di Bloomberg secondo cui i venture capitalist, ovvero gli investitori che aiutano le aziende a crescere finanziando strategie di lungo termine, hanno impiegato oltre 42 miliardi di dollari nello sviluppo di farmaci negli ultimi tre anni, ma solo 2,2 miliardi di dollari (pari al 5% del totale) sono andati a medicinali che prevengono le infezioni, mentre oltre l’80% è andato per la cura del cancro e delle malattie croniche. Il trend è assolutamente normale, ma la pandemia di coronavirus COVID-19 sta rapidamente cambiando la prospettiva dei grandi investitori e rappresenta una sfida eccezionale per gli operatori sanitari. Non ci sono trattamenti specifici per questa malattia, non esistono vaccini. Questo sta portando le grandi compagnie farmaceutiche, le società biotecnologiche e il mondo scientifico universitario e ospedaliero a compiere grandi sforzi per trovare in primo luogo una cura efficace e in secondo luogo un vaccino.
Cura o vaccino non fa differenza: i tempi per lo sviluppo di un farmaco sono al momento molto lunghi e la media è 10-15 anni tra la scoperta scientifica e la commercializzazione. Questa tempistica potrebbe accorciarsi di qualche anno grazie alla genomica e all’utilizzo della tecnologia che danno la possibilità di accelerare i tempi di sviluppo lavorando sulle sequenze del DNA. La genomica è una branchia della biologia che studia l’organizzazione e la struttura dei geni di un organismo e ha fatto un passo avanti notevole da quando è stato scoperto il cosiddetto “prime editing” che agisce in maniera più accurata per trarre informazioni dal DNA rispetto alla tecnica cosiddetta CRISP- Cas9 nata nel 2013.
Al di là dell’emergenza COVID-19 accelerare la ricerca di nuovi farmaci, soprattutto antibiotici, è una necessità per l’Onu che ad aprile 2019 ha pubblicato il report No Time to wait: securing the future from drug-resistant infections, che è focalizzato sulla resistenza antimicrobica, in cui si mettono in evidenza due punti che, oggi, in piena emergenza coronavirus sono ancora più evidenti:
- Le malattie resistenti ai farmaci causano già almeno 700.000 morti all’anno a livello mondiale. Il numero potrebbe aumentare a 10 milioni di morti a livello mondiale all’anno nel 2050 nello scenario più allarmante, di cui circa 2,4 milioni di persone nei Paesi ad alto reddito.
- Il danno economico della resistenza antimicrobica è paragonabile allo choc già sperimentato durante la crisi finanziaria globale 2008-2009 a causa di un aumento delle spese per l’assistenza sanitaria e della frenata della produzione industriale.
IDEE DI INVESTIMENTO
La necessità di nuovi farmaci per combattere l’escalation dei virus resistenti ai medicinali esistenti sembra, secondo l’ONU, la nuova normalità a cui la scienza e le imprese del comparto farmaceutico e biotech si apprestano a dare una risposta.
Secondo l’analisi di Pictet Asset management, il dibattito sui costi sanitari in relazione ai farmaci sta prendendo una nuova direzione ed è una grande opportunità per le società innovatrici non solo sul fronte scientifico, ma anche in termini di business model e di offerte convenienti e all’avanguardia. Innovazione e ricerca sono le qualità che oggi gli investitori cercano per selezionare le società farmaceutiche e biotech mettendo in primo piano quelle impegnate a trovare una soluzione alla pandemia da COVID-19. Tra le aziende con farmaci che si stanno dimostrano efficaci ci sono:
- l’americana Gilead Sciences che detiene il brevetto del farmaco Remdesivir, un antivirale che si è rivelato efficace in studi di laboratorio e su animali contro SARS, MERS, Ebola e anche sul Coronavirus;
- e la svizzera La Roche il cui farmaco anti-artrite Tocilizumab (RoActemra) è stato usato in via sperimentale in Cina e ora anche in Italia e si sta dimostrando efficace nelle prime fasi della malattia.
E mentre a Seattle il Kaiser Permanente Washington Health Research Institute finanziato National Institutes of Health ha effettuato il primo test di un vaccino anticoronavirus sperimentale a un volontario – per i risultati scientificamente validi serviranno 18 mesi – ci sono alcune aziende attive sulla strada del vaccino.
Tra queste ci sono:
- la startup biotech americana Moderna che, in collaborazione con l’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive (NIAD), ha sviluppato un potenziale vaccino contro COVID-19 sfruttando un metodo di codifica delle informazioni del DNA. Il vaccino è in fase di test e indurrebbe il sistema immunitario a sviluppare anticorpi contro una cosiddetta “proteina di picco” che è presente nel virus.
- Sulla strada del vaccino c’è anche l’azienda farmaceutica tedesca CureVac, che non è quotata in Borsa, opera a stretto contatto con l’istituto pubblico di ricerca Paul-Ehrlich-Institut, ed è specializzata in farmaci contro il cancro e le malattie rare. La società sta testando il vaccino a basse dosi e l’Ue vuole finanziare l’azienda con 80 milioni di euro.
Per investire sui nuovi confini dei farmaci legati alla genomica e alla ricerca sul DNA una buona scelta di diversificazione di portafoglio è un fondo azionario globale specializzato sui titoli biotecnologici (Categoria Morningstar Azionari Settore Biotecnologia).
La Top 5 dei fondi che investono in biotecnologia
Prodotti | Rendimento YTD | Rendimento 1y |
---|---|---|
Franklin Biotechnology Discovery Fund A (acc) USD | -11,37% | -2,57% |
UBS (Lux) Equity Fund - Biotech (USD) P-acc | -12,90% | -7,49% |
Selectra J. Lamarck Biotech Class B | -13,62% | -12,71% |
SEB Concept Biotechnology Fund C | -15,46% | -14,56% |
Pictet - Biotech Classe R Eur | -16,10% | -8,52% |
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Note
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