Durante lo scoppio della pandemia di Covid-19, i governi di tutto il mondo hanno posto lo sviluppo delle infrastrutture al centro delle loro agende volte a rilanciare le loro economie. I grandi pacchetti di recupero messi in atto rappresentano un’opportunità senza precedenti per affrontare la prossima grande sfida del nostro futuro: i cambiamenti climatici.
A sottolinearlo è un Dossier dell’Istituto di Politica Internazionale (ISPI) che con McKinsey ha creato nel 2018 un Osservatorio Infrastrutture che si concentra su come geopolitica ed economia influenzano e sono influenzate dalle decisioni di investimento in progetti infrastrutturali.
Secondo il dossier firmato da due ricercatori ISPI, Alberto Belladonna e Alessandro Gili, oggi la sostenibilità è diventata un imperativo per i nuovi progetti e per la manutenzione delle infrastrutture, non solo perché in questo modo si può contribuire alla riduzione di CO2 e combattere l’effetto serra, ma anche perché qualsiasi ponte, strada, ferrovia e così via deve essere costruita per resistere alle catastrofi climatiche imminenti.
L’investimento in infrastrutture è anche l’occasione per i governi – Italia compresa con il Decreto Legge Semplificazioni che dovrebbe sbloccare oltre 750 opere ferme – di rilanciare l’economia post Covid -19 rilanciando anche l’occupazione. Il settore delle infrastrutture è, secondo l’analisi di ISPI-McKinsey un formidabile strumento anticiclico in un’epoca in cui consumi, investimenti e commercio sono frenati dal rallentamento economico. Non a caso i principali piani di stimolo fiscale puntano proprio a spingere il settore che ha un impatto sul Prodotto Interno lordo (PIL) di un Paese sia direttamente che indirettamente, producendo un effetto moltiplicatore sulle risorse investite. Per supportare la tesi l’analisi ISPI-McKinsey porta l’esempio della Cina che già pre Covid-19 aveva puntato fortemente sulle infrastrutture con una spesa annua infrastrutturale del 7% sul PIL contro il 2% in Europa e l’1% negli Stati Uniti. La Belt & Road Initiative (BRI) ribattezzata via della Seta è l’emblema della politica cinese che punta a una stretta connessione economica e strategica tra il Paese e il blocco eurasiatico attraverso un ambizioso programma di investimenti infrastrutturali: da qui al 2030 si stima che il progetto avrà bisogno di oltre 26 mila miliardi di investimenti complessivi che riguarderanno principalmente i trasporti (strade, ferrovie, porti) ma anche la logistica delle città.
Secondo un’analisi di Natixis Investment Managers a beneficiare del boom delle infrastrutture non saranno solo le grandi opere, ma anche le costruzioni private e l’edilizia orientata al sociale come residenze per studenti e per anziani. Il cambiamento dei desideri abitativi, secondo l’analisi di Natxis Investment Managers, porterà, per esempio i Millennials a considerare di trasferirsi fuori dalle grandi città abbracciando uno stile di vita più tranquillo. Inoltre, dato che per molto tempo è stato possibile lavorare in home working e la maggior parte dei dipendenti ha dimostrato di essere produttiva lavorando da remoto, questo potrebbe ridurre la domanda di uffici post-pandemia se i datori di lavoro decidessero di aver bisogno di meno spazio. Tuttavia, allo stesso tempo, le norme di sicurezza per il Covid incidono anche sui requisiti di spazio per persona per garantire un adeguato allontanamento sociale come richiesto dalle normative e quindi spingeranno la ricerca di spazi più grandi. Meno chiaro è se la pandemia si tradurrà in un aumento a lungo termine della domanda di uffici fuori dalle grandi città. Alcuni analisti hanno suggerito che le aziende cercheranno di decentralizzare e spostare i dipendenti da aree ad alta densità e costi elevati. Anche se questo sembra plausibile, secondo Natixis Asset Management, e potrebbe dare un’ulteriore spinta al settore delle infrastrutture e del leasing.
IDEE DI INVESTIMENTO
La sostenibilità è una delle sfide da vincere nel futuro prossimo delle infrastrutture che possono far ripartire economia e occupazione post pandemia. L’altra sfida da vincere, forse la più importante, è spendere bene l’enorme massa di liquidità che, in particolare in Europa, si sta riversando sul settore. Il sostegno europeo in parte è già arrivato sotto forma di tre linee di credito di cui una particolarmente importante per il settore trasporti di 200 miliardi da parte della Banca europea degli investimenti (BEI), a cui bisogna sommare le misure del Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency (SURE), il nuovo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in emergenza, e i fondi del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), il cosiddetto fondo Salva-Stati nato per garantire la stabilità finanziaria della zona euro. Se a questi strumenti si somma la liquidità della Banca Centrale Europea (BCE) nei prossimi 3 anni ci saranno linee di credito aperte per circa 600 miliardi di euro che possono davvero spingere l’economia in settori decisivi del comparto industriale come i trasporti, logistica e infrastrutture.
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La Top 5 dei fondi che investono in infrastrutture
Prodotto | Rendimento 1y | Rendimento 3y |
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DWS Invest Global Infrastructure NC | -3,30% | 3,62% |
Aberdeen Standard Sicav I - Emerging Markets Infrastructure Equity Fund Classe A Usd Inc | -5,49% | -1,75% |
Morgan Stanley Global Infrastructure Classe A EUR | -6,98% | 2,84% |
First State Global Listed Infrastructure Fund Class A (Income) EUR | -8,47% | 2,69% |
Mediolanum BB Infrastructure Opportunity Collection L Class B Units | -9,54% | -0,13% |
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Note
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