Non è la prima volta che Mario Draghi alza la voce. Ma è forse la più convinta di sempre. Il governatore della Banca centrale Europea, infatti, non ha usato giri di parole e ha detto chiaramente: «L’euro non è più scontato. Se i paesi dell’Eurozona non faranno le riforme strutturali e non appianeranno le differenze fra chi cresce e chi no, il rischio che la moneta unica possa risentirne è concreto».
E non è un caso che il grido di allarme di Draghi arrivi proprio nel giorno in cui la Grecia ha reiterato la minaccia di non voler far fronte al debito. Lo ha detto il ministro dell’interno greco Nikos Voutsis. «Le quattro rate per il Fmi in scadenza a giugno ammontano a un miliardo e 600 milioni di euro. Questo denaro non sarà versato, perché non c’è».
Il Quantitative easing è un’arma spuntata senza riforme. Insomma, Draghi è sempre più impaziente nei confronti degli squilibri strutturali fra le diverse economie in un momento come questo, in cui i tempi iniziano a essere stretti per un accordo-salvataggio sulla Grecia. La ragione? Il suo Quantitative easing rischia di passare alla storia come un gigantesco programma di anestetizzazione dei mercati finanziari e di distorsione dei corsi. Su questo punto è lo stesso Draghi a insistere a ogni occasione, spingendo i Paesi Ue a fare piani di riforme strutturali e ad investire nella crescita.
Grexit: rischio contagio per Morgan Stanley. Intanto sui mercati c’è chi ha cominciato a fare i calcoli dell’ipotesi Grexit, ovvero della possibile bancarotta greca e conseguente uscita dell’euro. Per Morgan Stanley il rischio contagio per gli altri Paesi europei è concreto. A farne le spese più di tutti sarebbe la Bulgaria che ha un export nei confronti della Grecia che pesa per il 3,8% dell’interno Prodotto interno lordo (Pil). Sono a rischio anche Serbia e Romania che, secondo il report di Morgan Stanley, hanno rispettivamente lo 0,4% e l’1,1% del Pil che dipende dalle esportazioni verso la Grecia.
A soffrire moltissimo sarebbero anche i Paesi che alla fine del 2011 hanno già pagato un prezzo altissimo per la crisi dei debiti sovrani. Nel mirino della speculazione finirebbero i titoli del debito pubblico di Italia, Spagna e Portogallo.
Per Ebrahim Rahbari, economista di Citigroup Global Markets Inc. a New York, inventore del termine Grexit, non è così sicuro che la Grecia esca dall’euro anche in caso di fallimento. E per Ewen Cameron Watt, chief invetment strategy di BlackRock Global, addirittura l’euro potrebbe rafforzarsi da un fallimento della Grecia.
Di sicuro l’euro e la Grecia sono uno dei temi caldi sul tavolo de G7 atteso a Dresda il 27 maggio.
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