C’è attesa per la riapertura della Borsa di Atene. Il via libera alle contrattazioni sulla piazza ellenica è stato dato ufficialmente venerdì 31 luglio dalle autorità greche (comitato direttivo di Athens Exchange Stock Marcket e dai board di AthexClear ed Hellenic Central Securities Depository) segue l’ok del ministero delle Finanze e rappresenta un nuovo ulteriore passo verso la normalizzazione in Grecia. Sono nuovi passi verso la normalità per i greci che adesso possono prelevare da bancomat e sportelli 420 euro in tre giorni invece che in una settimana.
Segnali di ripresa, in attesa dell’avvio dei negoziati di alto livello sul nuovo Memorandum che dovranno essere completati entro metà agosto per poter ottenere la prima tranche di aiuti entro il 20 agosto, quando ci sarà da rimborsare 3,4 miliardi alla Bce. La Grecia, dunque, è ancora una sfida aperta. E dopo tre anni dall’agosto 2012 in cui era in gioco l’esistenza stessa della zona euro è ancora la Banca centrale europea (Bce) di Mario Draghi l’ago della bilancia.
Tre anni fa furono poche parole pronunciate a Londra nell’ormai storico discorso noto come “whatever it takes” a fare muro contro la speculazione che vedeva l’euro oramai in mille pezzi. Il senso era semplice: la Bce avrebbe fatto “tutto quello che occorreva per salvare l’euro”. Quelle parole fecero precipitare gli spread allora alle stelle di Spagna e Italia, e subito fece seguito l’avvio degli strumenti straordinari come l’Omt e l’Ltro per arrivare fino al Quantitive Easing.
Oggi l’impegno in caso di necessità non sarebbe diverso, certo. Ma Mario Draghi ormai è visto come il custode supremo dell’euro e una volta di più la recente crisi greca lo ha dimostrato. Ed infatti subito dopo l’accordo all’Eurogruppo e il voto del Parlamento, il banchiere non ha esitato, pur contro l’opposizione interna, a ridare ossigeno alle banche greche ed a permetter il ritiro graduale dei controlli sul capitali aprendo anche, seppure in linea teorica, anche all’altro argomento caro al governo Tsipras: la ristrutturazione del debito.
Se la Grecia continuerà nella marcia delle riforme, la Bce potrebbe anche estendere ad Atene il Quantitative easing. Tutte azioni che hanno smontato le ipotesi di chi vedeva una Grexit estiva e che per alcuni è stato un capolavoro di politica da parte di un tecnocrate.
Una politica che, stando ai numeri, sta dando i suoi frutti. Le previsioni sull’eurozona, infatti, continuano a essere positive. Lo ribadisce nel su ultimo Bollettino Mario Draghi: “la ripresa dell’eurozona è ancora su tassi modesti ma si amplierà grazie alla serie di misure messe in campo dalla Bce, dal basso prezzo del greggio e dall’euro debole che spinge l’export” si legge nel Bollettino. “Anche l’inflazione dopo aver toccato il punto minimo, crescerà verso fine anno”.
Ma c’è un ma. I “deludenti’ progressi”, come scrive la Bce, nella convergenza reale del Prodotto interno lordo (Pil) dei Paesi dell’eurozona sono da attribuirsi alla crisi finanziaria ma questa ha colpito guarda caso più duramente quei paesi con una serie di debolezze strutturali.
Ora per la Bce la strada è quella un supporto che viene da riforme strutturali a livello europeo, per consolidare il mercato unico che “permetterebbe di assorbire meglio shock a livello di singolo Paese”.
Come? La Bce di Mario Draghi ha passato in esame le diverse politiche economiche e ha concluso che occorre la stabilità macroeconomica e, più in particolare, una solida politica fiscale; un grado elevato di flessibilità nei mercati dei beni e servizi e del lavoro; condizioni favorevoli per un utilizzo efficiente di capitale e lavoro nell’economia, a sostegno della crescita della produttività totale dei fattori; integrazione economica all’interno dell’area dell’euro. Insomma, occorre la nascita degli Stati Uniti d’Europa.
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