Si sono appena spente le luci sui Grammy Awards 2023 che premiano il meglio della musica mondiale e già si accendono quelle del Festival di Sanremo 2023. E’ pura illusione pensare che Sanremo sia solo puro divertimento.

I numeri di Sanremo

  • Sanremo da solo genera circa 50 milioni di euro di ricavi pubblicitari, tutti concentrati in una settimana. E per l’industria discografica italiana, che fattura circa 300 milioni di euro, è il business dell’anno per lanciare o rilanciare cantanti e etichette.
  • La musica è un business. Secondo i calcoli di Goldman Sachs riportati dal Financial Times, il fatturato dell’industria musicale è destinato a crescere del 12% all’anno da qui al 2030 e può valere oltre 150 miliardi di dollari.

A questo ritmo, le canzoni presentate a Sanremo hanno tutte le potenzialità per diventare prodotti finanziari. Succede già fuori dai confini italiani, per ora. I protagonisti del mercato sono i fondi di private equity che comprano i diritti dei cataloghi degli artisti esattamente come comprerebbero una partecipazione in un’industria di qualsiasi altro settore.

Da Sting a Justin Bieber: lo streaming lancia il business dei cataloghi musicali

L’ultimo affare è quello messo a segno da Hipgnosis Songs, fondo inglese specializzato proprio nella valorizzazione della musica e alleato di Blackstone, che ha acquistato per 200 milioni di dollari il catalogo di canzoni di Justin Bieber. A Hipgnosis Song appartengono anche i diritti di Red Hot Chili Peppers, Leonard Cohen, autore di Hallelujah, e di Shakira che con l’ultimo successo Music Sessions Vol 53 composta per vendicarsi dell’ex marito Gerard Piqué ha battuto tutti i record di streaming della storia.

Nella partita ci sono anche le etichette musicali, Sony, Universal e Warner in prima fila. La lista dei cantanti che hanno venduto il proprio catalogo a una casa discografica si allunga ogni giorno e non c’è nemmeno bisogno che l’artista sia ancora in vita. Un esempio è stata la vendita per 250 milioni di dollari i diritti di tutte le canzoni di David Bowie nel gennaio 2022 e prima di lui Whitney Houston.
Altri grandi della musica americana come Bob Dylan e Bruce Springsteen e l’inglese Sting hanno fatto la stessa cosa per cifre simili, pur essendo ancora in attività.

Il fenomeno della vendita dei cataloghi come business è figlio dell’economia dello streaming che ha cambiato per sempre l’industria musicale. Le canzoni sono commodity per i consumatori che hanno abbandonato la cultura del vinile e anche dell’EP, il nipote digitale.

Come funziona il mercato musicale

Chi possiede la canzone? L’artista e lo studio che l’ha registrata. Dal momento in cui la canzone viene presentata, gli artisti e lo studio di registrazione raccolgono i diritti per la canzone.

I guadagni collaterali sono per chi contribuisce alla produzione (video musicali, per esempio) e al merchandising (designer di abbigliamento, per esempio).

La vendita del catalogo è un’entrata istantanea per l’artista e lo studio e dà il vantaggio a chi compra – casa discografica o fondo di private equity – di entrare in possesso di entrate periodiche che derivano su tutti i diritti collegati alla canzone anche con operazioni “nostalgia”.

  • Diritti sulle canzoni
  • La percentuale di royalty dell’artista
  • Entrate da merchandising
  • Potenziali performance dell’ologramma, in caso in cui il cantante sia scomparso, con concerti digitali o in presenza virtuale e biopic sull’artista.

COME FUNZIONA IL MERCATO MUSICALE

IDEE DI INVESTIMENTO

Spettacoli dal vivo, vinili, cassette e compact disc erano considerati forme senza tempo di consumo musicale che avrebbero dovuto dominare eternamente la scena musicale. Questo è stato vero fino al 2001, quando Listen.com ha cominciato a cambiare il mercato. Poi sono arrivati Pandora, nel 2005, e, nel 2011, Spotify ha aperto definitivamente la strada alla musica in streaming e a nuovi consumi musicali.

Nella settimana di Sanremo scopri come investire a lungo termine sui megatrend dei consumi. Guarda i fondi azionari specializzati (Categoria Morningstar Azionari Beni di Consumo). Ecco i migliori fondi presenti sulla piattaforma di Online SIM:

  • Pictet – Premium Brands Classe R USD Acc è un azionario tematico che investe a livello mondiale in azioni di società operanti nei mercati al consumo di fascia alta e medio-alta che beneficino della forte immagine di marca e che offrano prodotti e servizi di altissima qualità e grande valenza simbolica. Partito nel 2007 rende a tre anni il 12,10% (dati Morningstar aggiornati a febbraio 2023). Beni di consumo ciclici e difensivi sono i primi settori in portafoglio. Il mercato Usa vale il 47%, il 33% è investito in area euro.

Pictet – Premium Brands Classe R USD Acc

  • GAM Multistock – Luxury Brands Equity Eur Classe B è un azionario internazionale che investe in marchi consolidati che offrono prodotti e servizi nel settore dei beni di lusso, offrono prodotti di qualità eccezionale e puntano costantemente all’innovazione. Partito nel 2008, ha un rendimento del 10,74% a tre anni (dati Morningstar aggiornati a febbraio 2023). Beni di consumo ciclici e difensivi sono i primi settori in portafoglio. Investe il 44% in Europa e il 38% negli Usa.

GAM Multistock - Luxury Brands Equity Eur Classe B

  • BNP Paribas Consumer Innovators Classe Classic Eur Acc è un azionario internazionale che investe in società del settore dei beni di consumo durevoli, del tempo libero e dei mass media e in settori collegati o connessi. Partito nel 2013, ha un rendimento del 7,89% a tre anni (dati Morningstar aggiornati a febbraio 2023). Beni di consumo ciclici e difensivi sono i primi settori in portafoglio. Investe il 73% in America.

BNP Paribas Consumer Innovators Classe Classic Eur Acc (Sanremo)

  • FF – Global Consumer Industries Fund – A – EUR è un azionario internazionale che investe i marchi del settore consumo con un occhio attento alla sostenibilità. Partito nel 2000, ha un rendimento del 5,86% a tre anni (dati Morningstar aggiornati a gennaio 2023). Beni di consumo ciclici e difensivi sono i primi settori in portafoglio. Investe il 48% in America e il 28% in Europa.

FF - Global Consumer Industries Fund - A – EUR

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Note
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Autore

Roberta Caffaratti

Roberta Caffaratti

Competenze:
Giornalista segue da oltre 20 anni le dinamiche del mercato del risparmio gestito, della consulenza finanziaria e dei protagonisti del mondo degli investimenti. Per Online SIM scrive di scenari e storie di mercato, megatrend e idee di investimento, educazione finanziaria.

Esperienza:
É stata caporedattore di Bloomberg Investimenti e poi vicecaporedattore di Panorama Economy (Gruppo Mondadori).
Nel 2015, dopo la lunga carriera nella carta stampata economica, è passata alla comunicazione come responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content occupandosi di progetti editoriali in diversi settori (risparmio, finanza, assicurazioni).
Dal 2015 cura la redazione dei contenuti del Blog di Online SIM, che oggi conta oltre 1200 articoli.

Formazione:
Ha una laurea in lingue e letterature straniere e una specializzazione in giornalismo.

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