Se c’è una cosa a cui Mario Draghi, governatore uscente della Banca centrale europea (BCE), ha abituato i mercati sono le sorprese e, a poco meno di tre mesi dalla fine del suo mandato, non si è smentito. Nell’anniversario dei sette anni dal suo ormai storico «whatever it takes» pronunciato nel luglio 2012, ha ribadito che la situazione in Europa non è cambiata e ha lasciato una sorta di testamento che suona più come un suggerimento programmatico per Christine Lagarde che, da novembre, sarà alla guida della BCE. Il dettato di Draghi è molto semplice: l’inflazione è debole, i rischi globali elevati, e l’industria europea non è ripartita come dovrebbe. Non c’è, quindi, alcuna ragione per la BCE per invertire la rotta dei tassi che continueranno a scendere. Tanto che già a settembre dovrebbe arrivare la prima sforbiciata a cui seguirà la riapertura del dossier Quantitative Easing (Qe) che i mercati davano per chiuso.
La strada per Lagarde appare segnata e lo sarà ancora di più quando nella riunione della BCE attesa il 12 settembre 2019 i tassi d’interesse già al minimo storico (-0,4%), potranno scendere ancora e a lungo, almeno fino a tutta la prima metà del 2020 secondo il programma di Draghi. Sul tavolo della Banca centrale europea c’è, inoltre, una ripresa del Qe che, secondo il consensus degli economisti, potrebbe ritornare con un acquisto di titoli pari a circa 15 miliardi al mese. Il principale nemico di Draghi è sempre l’inflazione, troppo bassa (era all’1,3% a giugno 2019) in un momento in cui la guerra dei dazi è sempre accesa, i rischi geopolitici si sono acuiti dalla crisi petrolifera, la crescita è rallentata e anche i Paesi emergenti che fin qui hanno fatto la differenza stanno frenando.
Draghi non ha mai pronunciato la parola recessione ma, insieme con l’inflazione, il rallentamento del settore manufatturiero così importante per Germania e Italia non lascia spazio a sonni tranquilli nell’eurozona. L’eredità di Draghi piace ai mercati che hanno bisogno di continuità e segue il trend su cui le banche centrali di tutto il mondo si stanno posizionando: sostenere la crescita con politiche monetarie più accomodanti. «Dopo un breve tentativo di normalizzazione della politica monetaria, le banche centrali si stanno nuovamente convertendo a una politica accomodante» ha commentato Agnieszka Gehringer, Senior Research Analyst del Flossbach von Storch Institute. «Tuttavia, qualunque cosa la BCE e la Fed faranno in materia di tassi d’interesse in occasione delle prossime riunioni, l’efficacia e il margine di manovra sui tassi sono molto limitati. Resta da vedere quanto saranno creative le banche centrali».
Cosa farà Lagarde? L’ex direttore generale del Fondo monetario internazionale (FMI) sa benissimo che bisogna lottare per rilanciare l’inflazione nelle economie sviluppate, ma c’è una controindicazione importante: i tassi di interesse negativi danneggiano le banche che sono uno snodo centrale per la politica monetaria. Non è escluso, quindi che insieme con un taglio dei tassi possano arrivare misure straordinarie a favore del sistema creditizio europeo come, per esempio, esenzioni per alcuni depositi. Una ripresa del QE può comportare la modifica delle regole della banca centrale su quanto debito pubblico può comprare, una mossa che potrebbe invocare azioni legali.
IDEE DI INVESTIMENTO
La BCE ha ritrovato la sua combattività in un momento in cui il vento gira a favore delle politiche di sostegno alla crescita e di una dose supplementare di federalismo in Europa, come dimostra la nomina di Christine Lagarde alla BCE e di Ursula Von Der Leyen alla Commissione europea. «Per il 2020 si prevedono una politica di bilancio più morbida e l’emissione di “project bond” per esempio per finanziare l’economia verde» ha commentato François-Xavier Chauchat, Chief Economist di Dorval Asset Management. «Anche i tedeschi cominciano a pensare che in fondo non sia una cattiva idea investire quando i tassi di interesse sono negativi». Come sempre la dinamica dei tassi incide di più sulla componente obbligazionaria del portafoglio e deve avere tre caratteristiche chiave: proteggere il capitale, generare reddito e coprire il rischio in caso di frenata dell’economia.
Secondo l’analisi di Columbia Threadneedle Investments, il 2019 è un anno favorevole per il reddito fisso e il cambiamento di direzione dei tassi guidato dalla FED, ha aperto un nuovo ciclo globale di politiche monetarie per controllare l’inflazione.
Le strategie obbligazionarie in questo momento possono essere diverse:
- Per costruire un portafoglio ben diversificato la scelta migliore è un fondo obbligazionario globale. Questa categoria di fondi ha reagito subito al cambiamento delle politiche monetarie
- In questo contento, secondo l’analisi di J.P. Morgan AM, l’eccellente performance del settore high yield europeo sembra destinata a continuare a fronte del quadro tecnico favorevole che, però, può mutare rapidamente. Se l’economia si limitasse a rallentare il passo, le politiche accomodanti delle Banche Centrali e la successiva ricerca di rendimenti potrebbero sostenere un ulteriore rialzo del mercato (Categoria Morningstar: Obbligazionari High Yield Euro).
La Top 10 dei fondi obbligazionari high yield Europa
Prodotto Rendimento YTD Rendimento 3y DPAM L - Bonds Higher Yield W 11,09% 4,59% T. Rowe Price Funds SICAV - European High Yield Bond Fund Q EUR 10,53% 2,92% DPAM L Bonds EUR Corporate High Yield 9,83% 4,80% PrivilEdge T. Rowe Price European High Yield Bond M EUR Acc 9,62% --- Fidelity European High Yield Fund - E - ACC - Euro 9,61% 4,55% AB - Euro High Yield Portfolio I2 Acc 9,30% 4,15% Nextam Partners Ver Capital Hgh Yld Italian PIR I Cap 9,28% --- BlackRock Global Funds - European High Yield Bond Fund D2 EUR 8,91% 5,36% Neuberger Berman European High Yield Bond Fund EUR I3 Accumulating Class 8,78% 4,80% Janus Henderson Horizon Fund - Euro High Yield Bond Fund 8,74% 5,12%
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Note
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