Alexis Tsipras, faro della sinistra illuminata e moderna, ha vinto le elezioni in Grecia, ma ha perso con l’Europa. L’euro non basta più. Il premier di centrodestra portoghese Pedro Passos Coelho si è riconfermato alla guida del Paese, perdendo, però, la maggioranza assoluta in parlamento con il rischio di nuove e elezioni già il prossimo anno. A dicembre tocca alla Spagna che, dopo il voto alle regionali di Catalogna con la vittoria degli indipendentisti – hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi (72 su 135), ma non quella dei voti – è un’osservata speciale per gestori ed analisti.
E poi c’è la Germania alle prese con lo scandalo Volkswagen che, a 25 anni dalla riunificazione del Paese, sta facendo seriamente vacillare il modello teutonico e quello europeo in generale.
L’Europa è una portatrice sana di dubbi per i mercati finanziari. Tanto che ad essere in discussione in questo 2015 dei record sul fronte delle elezioni nel Vecchio Continente è proprio il modello di Unione europea e della moneta unica, in particolare. “La crisi di questi anni è evidente: abbiamo usato l’euro come “capro espiatorio” dei nostri difetti, e soprattutto della nostra miopia” ha detto a Online Sim Giacomo Vaciago, economista e docente di economia monetaria all’Università Cattolica di Milano.
Per quale ragione?
Non riusciamo a guardare al di là del nostro naso, e soprattutto non riusciamo più a pensare alle future generazioni. Senza euro, non sarebbe ovviamente meglio, perché non avremmo più neppure questo freno, e quindi potremmo sbandare ancora di più.
Come siamo arrivati a questo punto?
La storia è chiara. Nell’89 crolla il muro di Berlino, nel ’90 finisce la Ddr e si riunisce la Germania, nel ’91 svanisce l’Urss e nel ’92 viene firmato il trattato di Maastricht. Nel giro di un paio di anni tutto il mondo cambia. È come una guerra vinta, ma vinta pacificamente.
È stata una falsa vittoria, un sogno sbagliato?
Ha vinto chi voleva realizzare il sogno di un’Europa unita. Ha vinto l’economia globale, il capitalismo migliore. Non era tutto un sogno, ma certo avevamo al governo persone che dobbiamo rimpiangere. E l’euro in particolare rappresentava un’ambizione smisurata.
Perché?
Si diceva: grazie alla comune moneta, metteremo assieme il meglio di ciascun paese e quindi saremo i migliori del mondo. Era questo il vero obiettivo della moneta comune, la crescente integrazione di paesi che diventavano sempre più complementari, specializzandosi in ciò in cui erano più bravi degli altri.
Dopo 25 anni il modello UE è entrato in crisi e il modello economico tedesco, anche dopo la recente vicenda Volkswagen, sembra vacillare. È davvero così?
Il modello economico tedesco è quello di un’economia di mercato con molta attenzione agli aspetti sociali, alla cogestione, a relazioni non-conflittuali tra le parti sociali, che può sconfinare da un lato nel rituale rispetto delle norme e dall’altro negli impulsi corporativi. Lo scandalo VW è di una gravità incredibile e mi sarei aspettato una reazione molto più rapida e dura da parte delle autorità di governo e giudiziarie tedesche.
Quali conseguenze avrà in Europa?
Spero si possa dire: “Chi ha sbagliato, paghera’”. Di questi tempi, di scandali ne abbiamo visti tanti nel capitalismo finanziario e ci eravamo forse illusi che la “qualità“ del mercato dei beni industriali fosse molto migliore, che ci fosse più trasparenza, competitività. La lezione più generale riguarda tutti e non solo la Germania: giocavamo a guardie e ladri da bambini, ma non bisogna mai smettere di farlo. Scherzi a parte, mai assumere che tutti gli uomini sono sempre onesti e quindi i consumatori non richiedono di essere tutelati. Quanto all’ Europa, la vicenda dovrebbe insegnare un po’ più di umiltà a tutti.
In che senso?
Una buona Unione non prevede “primi della classe”, quelli che non sbagliano mai e passano il loro tempo a fare prediche agli altri. In ciascun paese, abbiamo pregi e difetti, e tutti dobbiamo essere impegnati a valorizzare i primi e contrastare i secondi.
Il 2015 sarà ricordato come l’anno delle elezioni: ben 10 in 10 paesi diversi. Dopo Grecia, Catalogna e Portogallo ora tocca alla Spagna. Quanto ha pesato questo anno elettorale sulla stabilità europea?
Diciamo che le singole elezioni nazionali danno agli altri paesi europei, ed ai loro governi, utili motivi di riflessione. La crisi dell’intera costruzione è lungi dall’essere terminata: il documento dei 5 Presidenti , utile per riflettere sul futuro dell’Unione è stato pubblicato e poi messo in qualche cassetto ben chiuso, per esempio.
Qual è la priorità adesso?
Mi sembra di capire che la priorità oggi sia quella di rendere l’Unione più “robusta”, non avendo il coraggio di discutere anche della sua utilità.
E cosa ci aspetta?
L’anno prossimo si terrà il negoziato che a fine 2017 porterà al cosiddetto “Referendum Brexit” , cioè la possibile uscita del Regno Unito dall’Unione europea, sarà un momento importante per decidere la direzione in cui l’Europa vuole muoversi: torniamo indietro verso una semplice “area di libero scambio”, magari integrata con gli Stati Uniti, oppure procediamo sulla direzione dell’unione politica? Arrivarci con l’economia messa meglio di adesso aiuterà a distinguere i problemi congiunturali da quelli di lungo periodo, ed anche questo sarebbe utile.
IDEE DI INVESTIMENTO
L’Europa nonostante i dubbi sulla tenuta dell’Unione europa come modello resta uno dei mercati meglio impostati nel 2015. La ragione sta anche nella politica accomodante della Banca centrale europea (Bce) che ha deciso di continuare ad usare lo stimolo del Quantitative Easing. A beneficiarne, secondo gli analisti di Nordea e Abn Amro saranno i rendimenti dei bond, l’euro e il mercato azionario. Online Sim ha analizzato qui gli effetti delle decisioni del presidente della Bce Mario Draghi e i migliori fondi europei.
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