Secondo il Dipartimento per gli affari economici e sociali dell’ONU, nove dei Paesi più a rischio di perdere cittadini nei prossimi decenni sono ex nazioni del blocco orientale sovietico. Non è una sorpresa perché le maggiori opportunità offerte dall’economia dell’Ovest hanno attirato da sempre le persone alla ricerca di un’occupazione o di un rifugio dalla guerra.
Ma quello che sta accadendo adesso in Europa non ha precedenti con i fenomeni migratori del passato. Per capirlo basta guardare cosa è accaduto nella storia recente:
- La prima grande ondata migratoria in Europa è stata tra il 1800 e l’inizio del secondo conflitto mondiale: quasi 60 milioni di persone che potremmo oggi definire europei, di cui oltre 15 milioni di italiani, hanno lasciato il vecchio Continente per realizzare un sogno in America e in Australia.
- La seconda grande ondata è avvenuta a partire dalla metà degli anni 60 del secolo scorso. In questo periodo sono arrivati in Europa i primi migranti non europei con una prevalenza da Turchia, Algeria e Tunisia. Ed è di questo periodo che si è intensificata la migrazione dentro i confini da Sud verso i Paesi del nord Europa.
- La caduta del Muro di Berlino nel 1989 ha cambiato di nuovo le carte in tavola e ha aperto una nuova rotta da Est verso Ovest con milioni di migranti dalla ex Jugoslavia divisa dalla guerra civile a cui si sono aggiunti polacchi, rumeni, albanesi, ucraini, moldavi e russi.
- Dalla metà degli anni Novanta sono le migrazioni da paesi africani, asiatici e sud americani verso l’Europa, le grandi protagoniste dei flussi migratori. Una tendenza che è continuata fino ad oggi, con un nuovo scenario che si sta aprendo: l’ondata populista, soprattutto nei Paesi dell’Est Europa, ha innescato un nuovo flusso migratorio verso occidente che ha spazzato il Continente e ha reso quasi impossibile per i rifugiati africani o mediorientali prendere il loro posto.
Così mentre l’Unione Europea si prepara a incentivare le nazioni che accolgono i migranti, premiando i Paesi dove lo stato di diritto e la solidarietà saranno fattori decisivi per l’erogazione dei fondi europei, il sentimento a favore dell’accoglienza cresce quasi ovunque tranne che in Italia, come riporta un sondaggio del settimanale The Economist. Allo stesso tempo cresce anche il flusso migratorio da Est verso Ovest all’interno dell’Europa.
La tendenza sta colpendo particolarmente i paesi baltici. La Lettonia, per esempio, secondo dati Bloomberg, ha una popolazione di 1,96 milioni e ha perso circa il 25% dei suoi abitanti da quando ha abbandonato il controllo sovietico nel 1991. L’ONU prevede che entro il 2050 avrà perso un ulteriore 22% della sua popolazione attuale – seconda solo alla Bulgaria -e al 2100 avrà perso il 41% degli abitanti. I numeri sono simili in Estonia che ha una popolazione di 1,32 milioni di persone e secondo l’ONU perderà il 13% degli abitanti entro il 2050, con un calo che salirà al 32% entro il 2100: e in Lituania, dove i 2,87 milioni di abitanti dovrebbero diminuire del 17% nel 2050 e del 34% entro il 2100; la tendenza sembra ancora peggiore per l’Ucraina e la Moldavia che, secondo l’ONU perderanno rispettivamente il 36% e il 51% degli abitanti entro la fine del secolo, mentre la Russia dovrebbe perdere fino al 13% della popolazione entro il 2100.
Cosa spinge la fuga dall’Europa dell’Est? Basso reddito rispetto alle nazioni più sviluppate dell’UE – Secondo Eurostat, la retribuzione media annua delle nazioni Ue era di 24.183 euro nel 2015, mentre per esempio in Lettonia era solo di 6.814 euro – crescita insufficiente e forte sentimento anti-immigrati. Sono soprattutto i giovani laureati che stanno lasciano questi Paesi e sognano un lavoro in Regno Unito, Irlanda, Francia e Paesi Bassi. L’ondata migratoria dai Paesi baltici non è compensata da nuovi arrivi dal Medio Oriente, dall’Asia meridionale o dall’Africa. La ragione? Secondo il Migrant Integration Policy Index, che raggruppa 38 democrazie in base alla qualità delle politiche sull’immigrazione, nove paesi su 10 con il più basso tasso di accettazione di immigrati sono ex membri del blocco orientale con Lettonia e Lituania in vetta alla classifica.
IDEE DI INVESTIMENTO
Per fermare l’emigrazione dai Paesi dell’Europa dell’Est c’è ovviamente bisogno di crescita economica, ma per raggiungere la crescita economica, e attirare investitori stranieri bisogna prima fermare il declino della popolazione. Un modello in questo senso, secondo quanto riporta Bloomberg, è l’Irlanda che negli anni ’80 ha vissuto quanto sta accadendo oggi in Lettonia: era un paese rurale con all’incirca lo stesso livello di disoccupazione e una crescita lenta.
La ricetta irlandese è stata quella di offrire incentivi fiscali interessanti alle aziende che si stabilivano nel Paese, e ha attratto prima l’industria finanziaria e poi i colossi dell’economia digitale. Una formula in parte copiata dall’Estonia, vicina di casa della Lettonia, che si è accreditata come un paradiso digitale e luogo ideale in UE per avviare una startup high-tech o creare una struttura di ricerca e sviluppo. Il governo sta cercando di attirare investitori stranieri con offerte di permessi di soggiorno e nessuna tassa sui profitti trattenuti o reinvestiti.
Da inizio anno la correzione sui fondi azionari che investono sull’Europa emergente è stata importante (Categoria Morningstar: Azionari Europa Emergente), come emerge dai dati qui riportati:
La top ten dei fondi azionari che investono sull'Europa emergente
Prodotto | Rendimento YTD | Rendimento 3y |
---|---|---|
Willerequity Russia And Eastern Europe P | -0,68% | -1,69% |
Schroder Emerging Europe Classe B | -1,35% | 6,61% |
Allianz Eastern Europe Equity A USD | -2,03% | 0,19% |
Natixis International Funds (Lux) I - Emerise Emerging Europe Equity Fund R/A(EUR) | -2,36% | 2,24% |
T. Rowe Price Funds SICAV - Emerging Europe Equity Fund A EUR | -2,46% | 0,32% |
Invesco Emerging Europe Equity Classe E (acc) Eur | -2,50% | 5,42% |
UniEM Osteuropa A | -2,51% | -1,57% |
Mori Ottoman Fund C EUR | -2,56% | 0,37% |
NN (L) Emerging Europe Classe X | -2,96% | 1,32% |
Parvest Equity Europe Emerging Privilege-Capitalisation | -2,96% | 3,08% |
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Note
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