Il 2019 è stato un anno importante per le etichette europee di finanza sostenibile, le cosiddette ESG labels. Il numero di fondi con etichetta è raddoppiato in meno di un anno ed è arrivato a 806 fondi alla fine di dicembre 2019 (erano 414 a fine 2018) e copre ora circa 302 miliardi di euro di asset in gestione su un totale di quasi 500 miliardi di asset detenuti da fondi che si dichiarano sostenibili venduti in Europa, secondo l’ultimo studio di Novethic, acceleratore di finanza sostenibile e punto di riferimento per le analisi di settore.
E’ una goccia nel mare del patrimonio dei fondi socialmente responsabili (SRI) europei che è pari al 25% delle attività gestite, circa 14 mila miliardi di euro. In particolare, in Italia i fondi sostenibili, secondo la classificazione di Assogestioni, hanno 30,9 miliardi di patrimonio nel 2019 distribuito su un totale di 221 prodotti.
Ma come funzionano queste etichette e in che modo aiutano il settore della gestione patrimoniale e gli investitori? In attesa di una normativa europea comune che istituisca un’etichetta valida per tutti i Paesi e che dovrebbe arrivare entro la fine del 2020, al momento esistono ben 8 etichette nate negli ultimi dieci anni e vedono Francia, Belgio e Lussemburgo tra i Paesi più attivi.
Queste etichette sono state progettate per fornire garanzie sull’asset allocation dei portafogli e vengono utilizzate come punti di riferimento dai professionisti degli investimenti responsabili. Come funzionano? Alcune etichette coprono l’intero spettro ESG, altre sono più specificamente focalizzate sull’ambiente e alcune privilegiano gli aspetti dell’impatto sociale dell’investimento responsabile. Tutte seguono due criteri nell’assegnazione dell’etichetta:
- il primo criterio è l’inclusione che favorisce i best in class della categoria, ovvero le aziende virtuose da mettere in portafoglio sotto forma di azioni oppure obbligazioni;
- il secondo criterio è l’esclusione, ovvero l’eliminazione di settori o i titoli meno responsabili dal portafoglio.
Al di là dei criteri di inclusione ed esclusione che determinano il portafoglio, si sono create due famiglie di etichette della finanza sostenibile che in pratica dividono i prodotti in due:
- i fondi che hanno l’etichetta perché tengono conto dei criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nella gestione dei portafogli
- i fondi che possono essere definiti green, ovvero rappresentanti della finanza verde e sono nella maggioranza dei casi fondi tematici ambientali oppure climatici.
Chi assegna le etichette? I fornitori di ESG labels hanno origini molto diverse: associazioni professionali focalizzate su investimenti responsabili oppure organizzazioni specializzate nell’etichettatura ambientale. La Francia è l’unico Paese in cui il governo ha creato due etichette pubbliche: il marchio SRI dedicato agli investimenti socialmente responsabili; il marchio Greenfin destinato ai fondi ambientali più impegnati per la transizione ecologica ed energetica.
L’obiettivo di queste etichette è garantire che i gestori patrimoniali tengano conto dei criteri ESG ed evitare il greenwashing, ovvero la strategia di comunicazione di alcune imprese finalizzata a costruire un’immagine ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale. Il Belgio ha una etichetta denominata Towards Sustainability sviluppato dalla federazione finanziaria Febelfin e rilasciato dal Forum Ethibel in collaborazione con le università riconosciute nel campo della sostenibilità.
Il Lussemburgo ha creato una sua etichetta LuxFLAG che è stata lanciata dall’associazione internazionale indipendente Luxembourg Finance Labelling Agency; mentre i Paesi Nordici hanno il marchio Nordic Swan Ecolabel che etichetta tutta l’economia sostenibile e non specificatamente il risparmio gestito.
La certificazione di un fondo offre sicuramente garanzie sulla qualità dei processi, attraverso un audit da parte di terzi, e non è necessariamente associato a una strategia di marketing. La prova è che un quarto dei fondi certificati secondo i criteri ESG non ha un nome che riflette un approccio sostenibile e circa trenta sono fondi ambientali tematici.
Secondo l’analisi di Novethic, l’etichetta belga si distingue come la principale in Europa con 139 miliardi di euro di asset analizzati, contro i 138 miliardi di euro per l’etichetta francese, anche se quest’ultima ha più fondi (321 contro 265 per il belga). Non c’è dubbio che Belgio e Francia competano per la leadership dell’etichettatura, e la Francia ha fatto un passo in più verso la diffusione di questi prodotti: la Legge Pacte richiede infatti la distribuzione di almeno un fondo SRI o Greenfin nell’offerta di assicurazione sulla vita entro il 2020.
IDEE DI INVESTIMENTO
Nel 2019, l’Unione europea ha lanciato la sua tassonomia del progetto di attività sostenibili, che dovrebbe servire come base per il futuro marchio di qualità ecologica unico attribuito ai prodotti finanziari. Ha inoltre pubblicato nuovi regolamenti sulla pubblicazione di informazioni sulla sostenibilità dei servizi finanziari. Ciò ha due componenti, quella dell’impatto ambientale e sociale della gestione sostenibile con indicatori selezionati e quella della materialità, vale a dire la valutazione finanziaria del costo dei rischi ESG, e soprattutto quello generato dal cambiamento climatico.
Entro il 2020 l’Unione europea dovrebbe approvare il cosiddetto bollino verde, ovvero l’Ecolabel, per i fondi e anche per gli Etf. Si tratta di una certificazione volontaria e la discussione è ancora aperta sui parametri di riferimento da rispettare. Per quanto riguarda i portafogli obbligazionari è quasi certo che il 70% dell’asset allocation dovrà essere composto da green bond Eu, ovvero obbligazioni verdi che utilizzano gli standard europei. Non c’è ancora un’indicazione forte, invece, sulla quota di azioni di aziende green da inserire nei portafogli azionari.
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Note
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