Sono passati quasi due anni dalla Conferenza sul clima di Parigi (Cop21) che ha stabilito regole chiare sulla riduzione della Co2 per salvare il Pianeta e un anno dall’accordo di Kigali, definito storico perché prevede la riduzione graduale dei gas Hfc ovvero gli idrofluorocarburi, che sono utilizzati come refrigerante per condizionatori e frigoriferi, sono contenuti negli spray e sono pericolosi tanto quanto l’anidride carbonica. E sulla strada dell’attuazione degli accordi di Parigi al centro c’è l’obiettivo di creare un’economia a basse emissioni di carbonio entro il 2050.
La cosiddetta “neutralità carbone a orizzonte 2050” ha impegnato prima di tutto la Commissione europea che ha definito le linee guida per i Paesi Ue verso un’economia a basse emissioni di carbonio e sta muovendo le strategie energetiche dei diversi Paesi europei. La prima tappa per raggiungere il risultato è una riduzione delle emissioni del 40% entro il 2030. Italia – che ha lanciato il piano definito “Strategia energetica nazionale che prevede decarbonizzazione e maggiore utilizzo di gas” – e Francia hanno politiche allineate per raggiungere il traguardo e lo hanno ribadito nel recente incontro bilaterale di Lione. Insieme con il clima, i punti affrontati nel documento di Lione sulle posizioni comuni riguardano anche la lotta all’inquinamento marino derivante dai rifiuti di plastica, la conservazione della biodiversità e protezione dei mammiferi marini, le questioni sanitarie e ambientali legate all’utilizzo di prodotti chimici, la qualità dell’aria nelle Alpi, le connessioni elettriche.
Accanto a Francia e Italia anche la Finlandia si è attivata per raggiungere il primo obiettivo 2030 chiesto dall’Unione europea in materia di riduzione di carbone. La Germania invece sta rallentando. I tedeschi si erano conquistati il ruolo di leaders sul clima svolgendo una mediazione a livello internazionale insieme alla Francia. Tanto che, la Germania ha varato l’Energiewende, un piano per la riduzione delle emissioni e la transizione energetica molto articolato. Il risultato? La quota di energie rinnovabili è adesso oltre il 30% e partiva praticamente da zero. Ma rispetto agli obiettivi del programma, il governo tedesco è in ritardo: la Germania potrebbe fallire l’obiettivo 2020 sulle energie rinnovabili, raggiungendo il 16% invece del 20% previsto, e anche sulla riduzione delle emissioni CO2, tagliando il 30% entro il 2020 contro un obiettivo del 40%.
Dietro la frenata tedesca c’è una ragione politica che ha tenuto Angela Merkel ferma sulla politica energetica nell’anno delle elezioni. L’industria del carbone è una lobby potente in Germania e l’estrazione di lignite tiene in piedi economicamente intere regioni come la Renania settentrionale-Vestfalia, Brandeburgo, Sassonia e Sassonia-Anhalt. In questi territori la difesa delle posizioni esistenti è fortissima e il tessuto economico, politico e sociale è contro gli obiettivi climatici della Germania, nel tentativo di prolungare la vita delle centrali termoelettriche e delle miniere ben oltre il 2040.
IDEE DI INVESTIMENTO
Per raggiungere il target di 1,5 gradi centigradi sancito dall’Accordo di Parigi, secondo Climate Analytics, tutti i paesi OCSE devono eliminare il carbone entro il 2030. Secondo il World Energy Outlook pubblicato quest’anno dall’Agenzia internazionale per l’energia, la domanda energetica globale è stimata in crescita del 18% entro il 2030. Per questo l’efficienza energetica è determinante, e il World Energy Outlook vede rinnovabili e nucleare protagonisti dell’evoluzione energetica con un tasso annuo di crescita 2014-2030 del 2,5%. A perdere quote di mercato saranno carbone e petrolio, mentre resiste il gas che avrà un tasso di crescita dell’1,5%.
La decarbonizzazione del pianeta è un megatrend per i gestori. Sul tema Mirova ha preparato Investire in un’economia low-carbon, una guida per gli investitori “Co2 consapevoli” che offre un’analisi dettagliata delle sfide legate al cambiamento climatico datata 2013, ma comunque punto di riferimento valido per chi intende approcciare questo tipo di investimento. Per investire sul mega trend del cambiamento climatico e sull’affermazione di energie rinnovabili la scelta migliore è puntare su un fondo specializzato nella ricerca di società delle nuove energie (Categoria Morningstar: Azionari energie alternative).
Pictet – Clean Energy Classe R Eur rende il 19,63% da gennaio a ottobre 2017 (+15,86% da ottobre 2016 a ottobre 2017). È un azionario specializzato in energia con un portafoglio globale. Il fondo è gestito da Xavier Chollet e Luciano Diana ha l’obiettivo di acquistare azioni di società che contribuiscono o beneficiano della minore produzione e consumo di energie fossili. I settori più presenti in portafoglio sono: Tecnologia (36,7%), Utilities (22%) e Industria (21%). L’America è il primo mercato (55,8%), ma almeno due terzi del fondo sono investiti in titoli di altri Paesi.
Robecosam Smart Energy Fund-eur Classe B rende il 15,03% da gennaio a ottobre 2017 (+21,98% da ottobre 2016 a ottobre 2017). Gestito da Thiemo Lang, è un azionario globale che investe in azioni di società di tutto il mondo, inclusi i paesi emergenti, operanti nel settore delle energie alternative. Investe almeno 2/3 del patrimonio in azioni di società che offrono tecnologie, prodotti e servizi nel settore delle energie alternative. I settori più rappresentati sono Tecnologia (62,8%) e Servizi di pubblica utilità (21,7%). Gli Stati Uniti sono il primo mercato in portafoglio e pesano il 53,7%.
Bgf New Energy Fund Eur Classe E2 rende l’11,60% da gennaio a ottobre 2017 (+12,18% da ottobre 2016 a ottobre 2017) ed è gestito da Poppy Allonby. È un azionario globale con una forte specializzazione su energie alternative e tecnologia. Industria (31,6%), utilities (26,5%) sono i settori più rappresentati. Area euro (33,1%) e America (21,6%) sono i Paesi guida in portafoglio.
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Note
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