La nascita dell’economia circolare che si basa sulla riduzione degli sprechi e sul riutilizzo dei materiali ha origini antiche, ma è dopo la seconda guerra mondiale che ha conosciuto una prima espansione nei cicli produttivi delle aziende. La digitalizzazione globale degli ultimi 30 anni insieme con la presa di coscienza che il Pianeta va difeso e preservato con politiche economiche sostenibili ha dato la spinta decisiva all’affermazione di quella che per tanto tempo è stata definita l’altra economia e che, in realtà, sta diventando mainstream. Un esempio classico di economia circolare lo si trova nella battaglia di stati e aziende contro la plastica e nella ricerca di nuovi materiali sostenibili.
Ma cosa vuol dire davvero economia circolare? Uno studio condotto sul mercato europeo dal McKinsey Center for Business and Environment in collaborazione con la Fondazione americana Ellen MacArthur, che da una decina sovvenziona in tutto il mondo progetti di economia circolare, ha individuato le sei strategie che possono rendere le aziende, non solo europee, motori dell’economia circolare con un duplice obiettivo: migliorare la performance e ridurre i costi. In particolare, le strategie sono:
- Rigenerare. Le aziende possono cambiare il modo di alimentare la loro produzione utilizzando materie ed energie rinnovabili.
- Condividere. La promozione di consumi condivisi che sono alla base della sharing economy aiuta a prolungare il ciclo di vita dei prodotti eliminando gli sprechi.
- Ottimizzare. L’utilizzo delle tecnologie può migliorare l’efficienza dei prodotti, riducendo così gli scarti di produzione.
- Produrre a ciclo continuo. Il riciclo e la rilavorazione dei materiali di produzione riduce gli sprechi.
- Virtualizzare. Evitare scarti e quando è possibile rendere virtuali beni e servizi.
- Scambiare. Favorire la sostituzione di materiali vecchi con altri più innovativi e rinnovabili.
Secondo la Fondazione Ellen MacArthur, economia circolare è un termine generico che definisce, di fatto, un’economia pensata per potersi rigenerare da sola che è fatta da due tipi di materiali: biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera. La prima immagine che viene in mente è che l’economia circolare sia a rifiuti zero con prodotti che si consumano e non lasciano traccia nel mondo. Questo è l’obiettivo vero per un’economia che protegge l’ambiente e che è il terreno preferito dei gestori che costruiscono strategie di portafoglio impact investing, ovvero che puntano a offrire un rendimento facendo allo stesso tempo del bene.
IDEE DI INVESTIMENTO
Secondo i calcoli di McKinsey, un approccio circolare consentirebbe alle aziende europee di aumentare la produttività del 3% entro il 2030, generando risparmi sui costi di circa 600 miliardi di euro all’anno e oltre 1.800 miliardi di vantaggi economici di indotto.
- Per investire sull’economia circolare esiste al momento un solo prodotto venduto in Italia: si tratta di DECALIA Circular Economy R USD P lanciato a giugno 2018 da Decalia Asset Management che rende da gennaio a luglio 2019 il 19,3%. In portafoglio ha 8 settori specifici: l’economia della condivisione e della funzionalità, la prevenzione e la diagnostica, la nutrizione, le energie rinnovabili e le reti intelligenti, il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti, la gestione delle risorse idriche, i materiali industriali “verdi” e intelligenti e Industria 4.0.
- Per investire sulle aziende attente al riciclo e all’ambiente sul mercato italiano esistono fondi azionari specializzati in ecologia (Categoria Morningstar Azionari Settore Ecologia)
La top 5 dei fondi che investono sull'ecologia
Prodotto | Rendimento YTD | Rendimento 3y |
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Pictet – Global Environmental Opportunities - R EUR | 30,16% | 10,57% |
DWS Invest Climate Tech FC | 28,75% | --- |
Nordea 1 – Global Climate and Environment Fund Classe BP Eur | 25,73% | 12,72% |
Vontobel Clean Technology Classe B | 25,70% | 7,65% |
Parvest Climate Impact Privilege-Distribution | 23,84% | --- |
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Note
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