Nonostante le perdite, disinvestire un fondo non è quasi mai una buona idea. Scopri in che modo gestire gli anni negativi e quando è davvero necessario disinvestire.
- Fondi d’investimento in perdita: cosa fare
- Come gestire le perdite in modo consapevole
- Conviene disinvestire?
- Costi e tempi del disinvestimento
- Per quanti anni tenere un fondo
Fondi d’investimento in perdita: cosa fare
Il segno meno davanti ai propri investimenti fa male tanto quanto il morso di un serpente. Non è un paragone casuale. Nella finanza comportamentale le perdite di portafoglio, le grandi cadute del mercato sono rappresentate proprio così: un morso che fa male.
La prima reazione emotiva al morso è liberarsi dalla presa. Vendere, disinvestire il fondo d’investimento in perdita. Come fare? La risposta è semplice:
- se sei un investitore online ti basta un clic sulla tua piattaforma di riferimento e alcuni moduli da compilare.
- se hai investito tramite un consulente o in banca ti serve un passo in più: contattare il tuo intermediario che comunicherà alla società di gestione del risparmio (Sgr) il disinvestimento tramite alcuni moduli da compilare.
É sempre però consigliabile non farsi prendere dal panico e ragionare a mente lucida sul da farsi.
Come gestire le perdite in modo consapevole
Disinvestire è apparentemente facile. Una gestione consapevole delle perdite è un esercizio molto più impegnativo perché siamo tradizionalmente avversi alle perdite. E allora che fare? La prima regola è mettere da parte l’emotività e porsi sempre la domanda: è coerente con la strategia di portafoglio che ho impostato?
Segui questi consigli:
- Non concentrare l’attenzione sulla perdita di un singolo prodotto finanziario.
- Valuta se la pianificazione finanziaria è impostata in modo corretto su obiettivi, rischi e orizzonte temporale.
- Ricorda cosa ti ha spinto a inserire in portafoglio quel particolare fondo e con quale obiettivo.
- Valuta nel complesso il rendimento del portafoglio di investimento e le possibili alternative per recuperare performance.
A questo proposito ascolta anche il nostro podcast realizzato con il contributo dell’economista Nicola Zanella.
Conviene disinvestire?
La risposta secca è quasi sempre no. Ma vediamo meglio perché quali sono i pro e i contro della vendita di un fondo di investimento in perdita.
- La perdita non è reale fino a quando non si vende il prodotto. Disinvestire rende effettiva la perdita, aspettare e tenere in portafoglio un prodotto lascia aperta la porta a un recupero.
- Vendere un prodotto in perdita deve essere proprio l’ultima scelta da fare dopo aver valutato tutte le possibili alternative. Uno dei contro importanti è che, spesso, i prodotti hanno costi di uscita che penalizzano ulteriormente il rendimento.
- Questo vuol dire che bisogna sempre tenere in portafoglio prodotti in perdita? Non proprio. La valutazione complessiva del portafoglio, una corretta pianificazione e diversificazione consentono di capire se si sono fatte delle scelte sbagliate. In questo caso, ma solo in questo caso, allora è giusto disinvestire per dare la possibilità al proprio investimento di ripartire.
- Una delle ragioni primarie che spinge a disinvestire e cercare di limitare le perdite. Questa è una scelta corretta solo se l’investimento è stato fatto su una società che è vicina al fallimento. Una semplice correzione di mercato non deve essere la motivazione per vendere e incamerare una perdita certa.
Costi e tempi del disinvestimento
Il disinvestimento da un fondo non è immediato. In media per liquidare la posizione sui fondi occorre una settimana, ma in alcuni casi possono servire anche 15 giorni. Al di là del tempo di attesa, prima di disinvestire bisogna valutare attentamente i costi che devono essere indicati nel Key Information Document (KIID), ovvero un documento di identità del fondo che deve sempre essere consegnato al momento dell’acquisto di qualsiasi prodotto venduto in Europa. In particolare:
- Costi di uscita. Oltre alle commissioni di gestione e, in qualche caso, alle commissioni di ingresso, un fondo comune ha dei costi di uscita. In media non arrivano all’1% ma il valore cambia a seconda dell’intermediario con cui si è acquistato il fondo.
- Costi di dismissione titoli. Il fondo di investimento compone il portafoglio acquistato titoli (azioni, obbligazioni e così via). Al momento del disinvestimento ci sono costi per la vendita dei titoli che compongono il fondo. Il valore dipende dalle commissioni che la banca o la società di gestione addebita per l’operazione. In molti casi gli intermediari attribuiscono a queste operazioni un costo zero.
- Tasse. Quando si liquida uno strumento finanziario bisogna sempre tenere in considerazione qual è il costo fiscale del disinvestimento sul proprio portafoglio. Occorre fare bene i conti conteggiando minus e plus valenze.
Per quanti anni tenere un fondo
Le conseguenze del disinvestimento dipendono dalla ragione per cui si sceglie di farlo. Sono diverse le motivazioni che possono spingere al disinvestimento. Prima di prendere qualsiasi decisione bisogna considerare il portafoglio nel suo complesso, capire se ci sono degli aggiustamenti da fare in base ai propri obiettivi e all’orizzonte temporale che si era scelto e ricordarsi sempre che i fondi sono investimenti di lungo periodo (minimo 5 anni). In generale:
- Durata minima 5 anni. Il tempo minimo per detenere un fondo è 5 anni che corrisponde ad un ciclo economico. La velocità con cui le fasi economiche si susseguono sta accorciando questo periodo e 3 anni è già considerato un lungo termine.
- Obiettivi raggiunti. Quando si investe l’orizzonte temporale è sempre collegato ad un obiettivo. Per esempio, risparmiare per l’acquisto della prima casa. In questo caso, la scelta del tempo dipende dal raggiungimento dell’obiettivo e può essere anche di 10-15 anni. Quando lo si raggiunge è corretto disinvestire. Se non lo si fa la conseguenza è vedere vanificati i propri sforzi.
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Per gestire al meglio rischi e opportunità di investimento nel 2023 valuta se il portafoglio è coerente con gli obiettivi e la durata impostata. In questa fase di mercato che è caratterizzata da tanti cambiamenti economici la massima diversificazione è la prima difesa.
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Note
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.
*Articolo pubblicato a gennaio 2023 e sottoposto a successive revisioni
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