Cresce in Europa il partito di chi vuole spingere il mercato dell’auto verso l’idrogeno come carburante pulito per vincere la guerra contro le emissioni di carbonio e i cambiamenti climatici. Gli obiettivi dell’Unione Europea di riduzione di emissioni di CO2 per i veicoli per passeggeri sono stati estesi all’inizio del 2019 e richiederanno ora una riduzione del 15% dal 2021 al 2025 e una riduzione del 37,5% fino al 2030. Ma molto si deve fare.
Per questo, alla metà di ottobre 2019, l’Associazione europea dei produttori di automobili (ACEA) insieme con Hydrogen Europe e l’Unione internazionale dei trasporti stradali (IRU) hanno firmato una dichiarazione per sollecitare i responsabili politici europei ad intensificare gli investimenti in infrastrutture di rifornimento di idrogeno a livello europeo per veicoli elettrici a celle che possono contribuire alla decarbonizzazione dell’Ue. Secondo il documento presentato dalle tre associazioni, con emissioni di scarico pari a zero, questi veicoli aiutano a ridurre la CO2 del trasporto su strada migliorando al contempo la qualità dell’aria per i cittadini europei. I vantaggi della tecnologia dell’idrogeno comprendono: brevi tempi di rifornimento e una lunga autonomia, un peso del veicolo e capacità di carico che sono paragonabili ai veicoli convenzionali.
Al momento, però, le infrastrutture di rifornimento di idrogeno in Europa sono gravemente carenti, mettendo a rischio lo sviluppo di questa soluzione innovativa a emissioni zero. Secondo la dichiarazione delle tre associazioni, sono necessari incentivi per la mobilità rinnovabile e a basse emissioni di idrogeno per renderlo accessibile a tutti. Per spingere l’introduzione dell’idrogeno manca un tassello importante dal punto di vista legislativo: la revisione della direttiva sulle infrastrutture per i carburanti alternativi dell’UE al fine di includere obiettivi obbligatori per l’idrogeno, lo sviluppo di nuovi strumenti finanziari per gli investimenti nelle infrastrutture e la possibilità di attingere ai meccanismi di finanziamento Ue già esistenti. Insomma, manca una volontà condivisa di far decollare un progetto europeo legato all’idrogeno.
Eppure, gli attori dell’industria europea sono all’avanguardia nelle tecnologie dell’idrogeno e delle celle a combustibile e le future politiche a livello nazionale ed europeo dovrebbero tenere conto di questo vantaggio competitivo. Una spinta decisiva ad assumere politiche a favore della mobilità elettrica potrebbe arrivare dalla diffusione di piattaforme di sharing mobility che stanno diventando un tema chiave per l’investimento nella mobilità sostenibile. Le piattaforme tecnologiche e di mobilità, in virtù delle dimensioni della flotta, potrebbero presto avere un ruolo significativo nell’adozione dei veicoli elettrici, migliorando al contempo l’utilizzo, secondo un recente rapporto di Morgan Stanley Research, favorendo miliardi di dollari di investimenti verso l’economia dei veicoli elettrici. A beneficiarne sarebbero settori chiave della mobilità sostenibile come case automobilistiche, società di condivisione di motociclette e alcune delle più grandi società tecnologiche del mondo.
Il legame tra tecnologia e automobili si fa sempre più stretto e presuppone che queste industrie lavorino insieme per affrontare molte forme di sostenibilità che includono anche le infrastrutture e l’urbanistica delle città, i salari dei conducenti, la sicurezza dei dati e l’accessibilità dei trasporti, secondo il report di Morgan Stanley. In particolare, nelle città la popolazione è destinata a crescere del 50% da qui al 2025, secondo un report di Goldman Sachs, e questo porterà problemi di traffico e di gestione dei costi di proprietà (basti pensare che le auto sono inutilizzate per il 95% del tempo) a meno che non divenga stabile il modello della sharing economy. Secondo un’analisi di Pictet Asset Management, la condivisione di auto elettriche porterebbe a un mondo più pulito e sostenibile, soprattutto se pensiamo che i trasporti in questo momento emettono un quinto del totale dei gas serra.
IDEE DI INVESTIMENTO
La diffusione della sharing mobility elettrica è certamente una soluzione per diminuire l’impronta di carbonio del Pianeta – basti pensare che le emissioni automobilistiche rappresentano il 7% della produzione totale di CO2 globale, ma contribuiscono maggiormente all’impronta di carbonio complessiva della maggior parte delle famiglie – ma è prima di tutto un business redditizio soprattutto per le case automobilistiche per Boston Consulting Group secondo cui entro il 2030 le auto e i camion elettrici saranno il 25% del totale su strada e rappresenteranno il 50-60% di vendite di nuovi mezzi.
Ma è un business anche per le utilities che dovranno elettrificare le infrastrutture (colonnine di ricarica, sensori e lancio di piani tariffari dedicati) e diventare i principali partner sia di governi, sia di case automobilistiche. Ovviamente, la tecnologia fa la parte del leone in questa trasformazione che sta coinvolgendo Paesi sviluppati e anche emergenti. Proprio da questi ultimi potrebbe arrivare la spinta più rilevante. Basti pensare al piano auto lanciato dall’India e al recentissimo piano auto della Cina che dal 2021 al 2035 ha posto come obiettivo un 60% di sharing delle vendite di nuovi veicoli dotati di motori elettrici, con un incremento del 5% rispetto a oggi. Nel suo scenario di base, Morgan Stanley stima che una più ampia adozione di veicoli elettrici tra le flotte di sharing, nonché una maggiore regolamentazione e influenza da parte delle principali società tecnologiche, potrebbe aumentare la penetrazione di veicoli elettrici dall’1% del 2020 a quasi il 44% nel 2040 e fino al 74% entro il 2050.
Per investire sulla trasformazione del mercato dell’auto puntando sull’ambiente ci sono fondi azionari globali specializzati (Categoria Morningstar: Azionari Settore Ecologia) che offrono opportunità di crescita di lungo termine.
La top 10 dei fondi che investono sull'ecologia
Prodotto | Rendimento YTD | Rendimento 3y |
---|---|---|
Pictet – Global Environmental Opportunities - R EUR | 30,52% | 10,54% |
Vontobel Clean Technology Classe B | 28,76% | 8,61% |
DWS Invest Climate Tech FC | 28,29% | --- |
BNP Paribas Global Environment Classe Classic Eur Acc | 28,15% | 11,08% |
Nordea 1 – Global Climate and Environment Fund Classe E Eur (acc) | 27,96% | 12,63% |
BNP Paribas Funds Climate Impact I Capitalisation | 26,92% | 9,39% |
Jupiter Global Fund - Jupiter Global Ecology Growth Class D EUR A Inc Dist | 25,83% | 6,91% |
Wellington Climate Strategy Fund S Accumulating Unhedged | 24,92% | --- |
Swisscanto (LU) Equity Fund Global Climate Invest DT EUR | 22,36% | 7,87% |
Allianz Global Investors Fund - Allianz Climate Transition IT EUR | 21,96% | 6,88% |
Scopri gli altri fondi e sicav disponibili sulla piattaforma Online SIM.
Note
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.
Nessun commento