L’attacco diretto dell’Iran a Israele e la risposta del Paese segna un cambiamento cruciale nell’equilibrio geopolitico globale. Siamo all’inizio di un nuovo e allarmante capitolo in Medio Oriente con due strade ancora possibili: un’ulteriore escalation del conflitto con il coinvolgimento di altri Paesi dell’area, o un’eventuale de-escalation. Tutte e due le strade hanno implicazioni significative per i mercati globali e, in particolare, su energia e materie prime. Mentre dopo l’attacco dell’Iran i principali listini azionari si sono mantenuti in equilibrio, le Borse hanno corretto pesantemente dopo quello israeliano.
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L’impatto sul petrolio
Il termometro sul prezzo del petrolio sono i futures che hanno praticamente ignorato l’attacco dell’Iran perché era stato segnalato in anticipo e ci si attendeva un conflitto contenuto. La reazione dei mercati è stata immediata, invece, arrivata quando cinque giorni dopo Israele ha deciso di rispondere con il lancio di droni sull’Iran. L’oro è volato vicino al massimo storico (2.417 dollari all’oncia) e il petrolio ha superato quota 90 dollari per poi ritracciare verso 87 dollari. Ed è proprio l’oro nero il termometro di questo conflitto.
Vediamo i punti chiave secondo le analisi di Citigroup, Goldman Sachs e SocGen.
- Prezzo del barile a 100 dollari se il conflitto resta contenuto. In generale gli analisti sono concordi nell’affermare che la tensione resterà alta per lungo tempo. Il prezzo del barile dovrebbe correre al rialzo fino a sfondare i 100 dollari (dagli attuali 90 dollari) nel caso in cui il conflitto rimanga circoscritto. A frenare la corsa dell’oro nero potrebbe essere solo l’OPEC se decidesse di aumentare la produzione, nonostante l’Iran sia il terzo produttore all’interno dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio.
- Aumenta il premio al rischio. La produzione di petrolio iraniano è aumentata di oltre il 20% negli ultimi due anni (pari al 3% dell’offerta globale). Uno stop alla produzione potrebbe influire su un aumento del prezzo e per questo il premio al rischio già oggi è stimato intorno ai 5-10 dollari al barile.
- Prezzo del petrolio a 140 dollari se il conflitto si allarga. Dopo l’attacco dell’Iran e la risposta di Israele, il rischio di un’azione militare diretta tra Stati Uniti e Iran è aumentato dal 5% al 15%. Se ciò avvenisse i prezzi del Brent saliranno oltre i 140 dollari.
L’impatto sulle materie prime
L’attacco dell’Iran ad Israele unito alle sanzioni verso la Russia è una morsa per il settore delle materie prime energetiche. Vediamo perché secondo l’analisi di Neuberger Berman.
- Metalli sotto pressione. Il mercato delle materie prime deve affrontare le turbolenze dovute alle sanzioni imposte ai metalli prodotti in Russia dagli Stati Uniti e dal Regno Unito. Queste sanzioni, che riguardano alluminio, nichel e rame prodotti dopo il 13 aprile 2024, mirano a limitare la presenza di questi metalli sui mercati occidentali, generando un effetto scarsità e influenzando i prezzi.
- Embargo per la produzione russa. Il London Metal Exchange (Lme) ha classificato il metallo russo in base alle date di produzione e ha reso non consegnabile il metallo successivo alle sanzioni. In sostanza il mercato si è già adattato ai cambiamenti geopolitici. Diventa quindi necessario diversificare dal punto di vista geopolitico le materie prime sensibili.
- Materie prime restano una difesa per il portafoglio. Investire in materie prime (petrolio, alluminio, nichel, rame e oro) che prezzano già il rischio geopolitico in atto è una buona strategia di copertura contro l’inflazione, ma anche come scudo contro le fragilità dell’offerta che potrebbero influire sull’andamento di azioni e obbligazioni.
IDEE DI INVESTIMENTO
Un Medio Oriente più instabile riaccende la necessità di rivedere il proprio portafoglio. In questo scenario le parole d’ordine sono diversificazione e controllo del rischio.
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Note
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