L’analisi di mercato delle ultime settimane evidenzia un consistente rimbalzo che coinvolge tutte le asset class. Cosa dobbiamo aspettarci. Tra le commodities, in novembre è lo stagno a registrare allunghi record. Oltre il 20%, dati a venerdì 18 novembre, anche se il rendimento da inizio anno rimane profondamente negativo (-45%).
In generale le performance più promettenti di questa particolare congiuntura di mercato stanno coinvolgendo i metalli ed i materiali ad uso prettamente industriale, compresi i metalli preziosi anche se in misura minore. Il gas sembra stabile ed è ancora la materia prima più apprezzata nel 2022. Oltre al ritracciamento dei generi alimentari e dei prodotti agricoli, anche il petrolio cede circa 6 punti percentuali. Tuttavia, su petrolio (che nell’anno corrente si apprezza meno del 12%) non si escludono recuperi a strettissimo giro. Questo anche supportati dal termine del piano di vendite operato da mesi da parte degli Usa, che ha contribuito in misura significativa a calmierare i prezzi.
Molto interessante è il rafforzamento dell’euro sul dollaro Usa (+4.46% in novembre), ma con la moneta unica ancora sotto di 9 punti percentuali sul biglietto verde da inizio anno. In realtà, l’inversione di rotta si è verificata attorno a fine settembre, quando il dollaro aveva messo a segno un +15,75% ytd. É poi proseguita nonostante a inizio novembre la Federal Reserve abbia attuato il sesto rialzo dell’anno, portando la forbice a 3,75-4%, il livello più alto mai raggiunto dal 2008.
Le mosse delle banche centrali
Qualche giorno prima, a fine ottobre, anche la BCE ha deciso di aumentare nuovamente i tassi: si è trattato del terzo rialzo del 2022, di ben 75 pb e che ha portato i tassi al 2%.
Attualmente molti analisti ritengono che la Fed deciderà di rallentare il passo, vista la debolezza di alcuni dati macroeconomici, e di procedere con un aumento di “soli” 50 punti base a dicembre. Parallelamente, anche la BCE non ha molto spazio di manovra a causa dei dati macro europei, ancor meno rassicuranti di quelli USA. Le operazioni restrittive di politica monetaria hanno proprio la funzione di generare una recessione controllata per raffreddare gli investimenti nell’economia reale e combattere l’inflazione.
Tuttavia, le cause dell’inflazione negli USA ed in Europa sono profondamente diverse. Nel primo caso, infatti, è possibile attribuire la corsa dei prezzi alla piena occupazione. È quindi probabile che la BCE possa attuare solo un ultimo rialzo entro nei prossimi mesi, di 25-50 bp. In questo modo privilegerà le vie alternative al rialzo dei tassi come lo stop al sostegno delle Tltro per le banche ed il Quantitative tightening.
In quest’ottica nei prossimi mesi potremmo assistere ad una stabilizzazione del tasso di cambio o ad un lieve rialzo del dollaro USA. Mentre il rafforzamento dell’Euro, meno probabile, potrebbe trovare ossigeno solo dalla fine del conflitto in Ucraina e dall’eventuale avvio di piani di ricostruzione capaci di attirare capitali extraeuropei.
Analisi di mercato: Borse e allunghi
Tra i listini azionari (in valuta locale) si sta verificando un sorpasso. I dati di mercato, ovviamente ancora parziali di novembre, eleggono medaglia d’oro Hong Kong, a +20% (ma negativa nell’anno). Prosegue senza tregua il rally della Turchia, +14% nel mese e +144% ytd. L’Asia risulta spaccata in due blocchi: oltre all’Hang Seng, anche gli indici di Taiwan, Shanghai e Singapore conquistano la prima parte della classifica, mentre India, Giappone e alcune borse minori scivolano verso il fondo. Le piazze europee si piazzano meglio di quelle Usa: tra le prime spiccano Austria e Italia, mentre tra la seconde il driver principare è il crollo dei titoli tecnologici.
L’overview sul risparmio gestito consente di avere una panoramica generale dell’andamento di un portafoglio diversificato nell’ottica di un investitore europeo. Questo portafoglio, che dall’inizio del conflitto – al netto di eventuali operazioni speculative su materie prime o prodotti con leve importanti, non appannaggio del risparmiatore prudente/moderato, o prontamente liquidato da mesi – deve con tutta probabilità muoversi ancora in terreno negativo da inizio anno. Tuttavia, le ultime settimane hanno regalato diverse occasioni di recupero e soprattutto di rientro a mercato, sia per gli asset azionari che obbligazionari.
Tra gli indici di categorie azionarie a specificazione geografica gli allunghi più importanti sono registrati grazie all’esposizione ai Paesi dell’Asia Pacifico, nonostante l’indebolimento delle valute locali, mentre tra le specializzazioni settoriali dominano le classi di attivi legati alla produzione industriale, e soprattutto i metalli preziosi: sono infatti i settori maggiormente legati a innovazione e tecnologie a finire in purgatorio.
I bond in recupero
Interessanti ritorni anche tra gli asset obbligazionari: anche qui bene Asia ed Europa, mentre i prodotti sul debito Usa scontano la flessione del tasso di cambio. Determinante è la rotazione che si sta verificando in merito alla duration. Se per tutto l’anno corrente a reggere meglio sono stati i prodotti focalizzati su emissioni con scadenze brevi, maggiormente adattabili all’aumento del costo del denaro portato avanti dalle principali banche centrali, nelle ultime settimane sono i comparti a lungo termine a rimediare i primi posti in classifica.
Il mercato sta probabilmente scontando un rallentamento, se non uno stop alla tabella di marcia sui rialzi programmati. I dati macro, pur non molto coerenti tra di loro, sembrerebbero indicare un raffreddamento del fenomeno inflattivo e, seppur ancora non rilevata, sono molti gli operatori che si attendono una recessione dell’economia reale nel prossimo trimestre, se non addirittura in quello corrente.
Lo scenario appare oggi meno cupo di qualche mese fa, almeno per quando riguarda i mercati finanziari, noti anticipatori dell’economia reale. Tornare sugli attivi che hanno ceduto di più, e quindi maggiormente a sconto sul piano teorico, non sempre paga, e ci si riferisce in particolare ai titoli tencologici. Cioè che con tutta probabilità lascerà in eredità l’anno che si avvia a concludersi, è un mondo spaccato in due aree di influenza e molto meno globalizzato ed interconnesso rispetto ai paradigmi che abbiamo conosciuto dal secondo dopoguerra ed in particolare dagli anni ’80. Un nuovo equilibrio che, in un certo senso, restituisce valore al mantra della diversificazione, che negli ultimi decenni non sempre ha mantenuto la promessa di proteggere portafogli bilanciati.
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