A segnare il primo goal alle elezioni presidenziali francesi è stato Emmanuel Macron, ex ministro di Hollande, seguito da Marine Le Pen, leader del Front National, partito che ha comunque raggiunto un risultato storico, dal momento che mai aveva ottenuto così tante preferenze: 23,8% contro 21,6% di Marine Le Pen. Ma la partita più importante si giocherà il 7 maggio, quando i francesi saranno chiamati a votare al ballottaggio il loro prossimo presidente. I sondaggi – che questa volta hanno indovinato – danno già vincente Macron, perché potrebbe raccogliere le preferenze di chi al primo turno ha votato gli altri tre candidati, Fillon, Mélenchon o Hamon.

In linea con le tendenze già riscontrate con le consultazioni popolari dell’ultimo anno, il risultato (socialisti e gaullisti fuori per la prima volta dalla corsa per l’Eliseo) palesa ancora una volta le difficoltà in cui versano i partiti storici, incapaci di adattarsi ai tempi che cambiano mettendo in discussione i modelli socioeconomici europei del dopoguerra. Recessione, emergenza umanitaria, crisi di identità, tutti fattori che hanno contribuito ad alimentare sentimenti nazionalisti, euroscettici ed anti-establishment.

Poco male per i mercati, che ancora possono contare sul supporto delle banche centrali, e che hanno visto con favore il vantaggio dell’europeista Macron. Probabilmente per il Front National i tempi non sono ancora maturi, e la salita di Macron all’Eliseo potrebbe rafforzare l’Euro contro il Dollaro Usa, così come i listini europei che hanno spazio fino ai massimi di periodo. Non stupisce quindi che la settimana si sia aperta con le principali borse del vecchio continente in positivo.

Le urne francesi non sono le uniche da monitorare

Infatti martedì 18 aprile, terminata la riunione del Consiglio dei Ministri, la premier inglese Theresa May, ha annunciato le elezioni anticipate per il prossimo 8 giugno. La notizia è stata accolta con sorpresa poiché nei mesi scorsi la leader conservatrice aveva più volte escluso la possibilità di un ritorno alle urne, ma deve aver cambiato idea intravedendo la necessità di vedersi riconoscere maggiore autorevolezza grazie alle consultazioni popolari. Apprestandosi ad affrontare un percorso lungo e delicato come quello dell’uscita dall’Unione e delle successive negoziazioni per determinare nuovi accordi internazionali, lo scontro con le opposizioni di certo non gioverebbe all’interesse nazionale.

L’inquilina di Downing Street appare molto determinata a porre fine alla libera circolazione di cittadini dell’Unione europea in Gran Bretagna e di lasciare il mercato unico, e questi potrebbero diventare i cavalli di battaglia della sua campagna elettorale. Le sue posizioni non sono certo morbide e confermare il consenso dei cittadini appare una mossa coraggiosa quanto strategica.

Le reazioni dei mercati non hanno tardato ad arrivare: la sterlina in poche ore si è rafforzata rispetto all’euro di oltre l’1%, portandosi da 0.849 euro a 0.835 euro. D’altronde, una May più forte implica più potere contrattuale contro l’Europa, con potenziali benefici nelle trattative che si prospettano.

Come intuibile, la reazione dell’Europa è stata opposta, con l’EuroStoxx 50 che ha corretto fino ai 3400, anche se ha quasi del tutto recuperato. L’indice europeo, infatti, gode di buona salute, e dai minimi post Brexit nell’area dei 2670 ha portato a casa circa il 30%, trattenuto solo dai 3500 punti. La flessione delle ultime settimane, accelerata dalle vicende inglesi, è quindi da configurarsi come una semplice correzione.

Mentre l’EuroStoxx 50 cedeva, a conquistare la palma per le buone performance sono stati gli obbligazionari in Sterline sul piano obbligazionario, mentre sul piano azionario troviamo Atene, con l’ASE che porta a casa quasi il 5% in un mese. I veri vincitori si trovano grazie all’analisi settoriale: a primeggiare sono l’information technology, il biotech, il pharma e i consumer goods.

In coda troviamo invece l’indice di Shangai e il Bovespa, mentre a livello settoriale a cedere maggiormente sono gli energetici, i metalli e gli strumenti legati alla finanza, soprattutto quelli europei. In rosso anche gli azionari giapponesi coperti in euro e dollaro, complice il rafforzamento della valuta del Sol Levante, percepita come bene rifugio in un periodo caratterizzato dalle tensioni tra Stati Uniti, Corea del Nord, Russia e Iran.

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Luca Lodi

Luca Lodi

Competenze:
Head of R&D di FIDA, Finanza Dati Analisi, ha maturato competenze in quantitative finance, risk management, asset allocation, risparmio gestito, compliance, consulenza finanziaria e comunicazione. Coordina le attività di ricerca-sviluppo e formazione del gruppo (FIDAmind). Sviluppa metodologie quantitative per l'analisi di portafoglio, di strumenti e mercati finanziari.

Esperienza:
Coordina l’ufficio studi FIDA che realizza studi ed analisi ad ampio spettro utilizzando trasversalmente metodologie quantitative, tecniche e fondamentali. Docente presso l'Università di Torino (Scuola di Management ed Economia), si occupa di analisi quantitativa dei dati finanziari. Giornalista pubblicista, collabora con diverse testate editoriali.
Negli anni precedenti ha collaborato con ADB S.p.A come responsabile del settore Banche Dati e poi dell’Ufficio Studi.

Formazione:
Ha una laurea in Economia. Ha frequentato diversi corsi di specializzazione tra i quali “Global Asset Allocation” (SDA Bocconi), Frontiers In Fianancial Markets Mathematics (Università di Bologna).

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