La tensione scaturita dopo il referendum della Grecia ha risvegliato gli analisti dal torpore degli ultimi mesi, proiettandoli con velocità verso scenari negativi che riportano alla mente la “lontana” crisi del 2008. La vittoria del “No” e le dimissioni del ministro dell’Economia ellenico Yanis Varoufakis fanno già parte del passato. Adesso gli occhi sono tutti puntati sulle prossime decisioni della Banca Centrale Europea e, in particolare, sui possibili interventi di Mario Draghi. Nuova data da tenere sotto controllo sarà quella del 20 luglio, giorno in cui scade un pagamento da 3.6 miliardi di euro che il governo greco deve a Francoforte.
La trattative tra la Grecia e la Commissione europea proseguono mentre le ipotesi d’uscita dall’euro creano scenari incerti e destano forte preoccupazione. Il neo ministro della Grecia dell’Economia Giogos Stathakis ha precisato che le banche potranno permettere prelievi con il limite di 60 euro al giorno fino a venerdì prossimo, se la BCE deciderà di congelare il programma ELA (Emergency Liquidity Assistance).
Una conferma del peggioramento del clima economico-finanziario si può riscontare nell’impostazione ribassista dell’indice EuroStoxx50 passato da oltre 3800 punti in area 3300, ma soprattutto le forti perdite registrate nei giorni scorsi su tutti i listini del vecchio continente. Situazione un po’ più stabile, invece, negli USA che per ora risentono meno delle tensioni europee, con lo S&P 500 stabile sopra i 2050 punti.
Le forte correzione del mercato cinese, che qualcuno ha definito come scoppio di una bolla, sta agitando ulteriormente i mercati. Negli ultimi giorni è stato varato un fondo da 19.3 miliardi di dollari nel tentativo di arginare la caduta delle borse di Shanghai e Shenzhen reduci da un crollo che nelle ultime tre settimane ha fatto perdere circa il 30% del loro valore.
Anche in ambito valutario, la situazione critica pesa sul cambio Euro/Dollaro. Dopo aver raggiunto l’area resistenziale a 1.14, le vendite hanno preso il sopravvento e attualmente il cambio si attesta intorno i 1.10. Un ulteriore allungo sarà possibile alla rottura di 1.08, con target a 1.05, minimo degli ultimi 12 anni.
L’oro nero non è stato risparmiato dalla generale caduta dei mercati: le quotazioni hanno subito correzioni pesanti, chiudendo sui minimi degli ultimi tre mesi e facendo registrare un crollo di quasi l’8% per il WTI e superiore al 6% per il Brent. A suscitare allarme è soprattutto il citato problema asiatico. Pechino ha, infatti, un peso importantissimo sui mercati petroliferi, e per anni la forza della domanda cinese è stata trainante per il settore. Sul greggio aleggia anche la prospettiva del rilascio sul mercato di milioni di barili da parte dell’Iran che punta a raddoppiare le esportazioni in caso di revoca delle sanzioni internazionali. L’impostazione ribassista che ne è emersa ha come obiettivo i 50$.
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