Le chiamano machine learning e sono il terreno su cui i grandi della tecnologia si stanno sfidando in questo momento. L’obiettivo è creare computer che possono imparare, pianificare e ragionare come gli esseri umani. Il futuro in questo campo è già il presente quando si tratta di Ibm che con il progetto Watson vuole guidare la trasformazione tecnologica delle aziende nel 2017 e di Intel che ha investito oltre 400 milioni di dollari per l’acquisizione di start up specializzate in software intelligenti. Il computer umano è il presente anche per Facebook, Google e Amazon che hanno creato divisioni dedicate e soprattutto lo è per Microsoft che si è alleata con OpenAI, la società non profit nel settore dell’intelligenza artificiale co-fondata da Elon Musk e da altri big della tecnologia, fra i quali il presidente di Y Combinator Sam Altaman, e Peter Thiel, il cofondatore di PayPal sostenitore di Donald Trump.
L’alleanza arriva in un momento in cui la competizione nel segmento dell’intelligenza artificiale è altissima, alla vigilia di un nuovo anno, il 2017, che secondo gli analisti sarà decisivo per questa tecnologia. Per questo Microsoft ha cercato un alleato contro Amazon e Google nell’industria nascente ma centrale dell’intelligenza artificiale. In base all’accordo, OpenAI userà Azure, il servizio cloud di Microsoft, come piattaforma privilegiata per i suoi esperimenti, mentre Microsoft ha ottenuto l’accesso alla robotica e agli esperti di OpenAI. L’obiettivo? Fare di Azure la piattaforma di riferimento del settore.
Intelligenza artificiale: la sfida si gioca sul cloud
Nella sfida con Amazon e Google sulla strada della democratizzazione dell’intelligenza artificiale, infatti, il cloud gioca un ruolo chiave. Amazon può contare su Amazon Web Service, mentre Google ha il servizio Google Cloud. Nella partita del cloud vuole entrare anche Facebook perché l’intelligenza artificiale sta avendo grande impatto sulle nuove tecnologie e sulle applicazioni che disegneranno le decadi future. La ragione? Aiuta a individuare i contenuti potenzialmente vietati secondo le norme dei social media, traduce automaticamente i post, classifica le storie nel flusso di notizie per mostrare agli utenti quelle più rilevanti. Insomma, una manna per Facebook e per tutti gli altri.
A Facebook interessano soprattutto le applicazioni possibili sullo smartphone. Questa modalità di comunicazione è ormai la più utilizzata e in questo campo l’intelligenza artificiale punta alle applicazioni del cosiddetto deep learning, che permette il controllo basato sui gesti, riconoscimento delle espressioni facciali ed esecuzione di azioni connesse. Ma non c’è l’intelligenza artificiale applicata alla connettività. Per Ibm che lavora da anni sul sistema Watson, su cui ha investito oltre 1 miliardo di dollari, le applicazioni pratiche possono davvero cambiare i processi aziendali e la vita delle persone. Tutto dipende da come le aziende intendono usare la piattaforma cloud. Un esempio? Nel 2017 Humanitas University di Milano, ha deciso di utilizzare Watson come tutor virtuale per gli studenti al terzo anno della facoltà di Medicina per accompagnarli nel passaggio dalla teoria alla pratica clinica.
Si tratta di un primo passo che porterà l’intelligenza artificiale direttamente al fianco del medico per diagnosi personalizzate e piani terapeutici tagliati su ciascun malato. E nella partita dell’intelligenza artificiale non è rimasta a bordo campo Intel, lo storico produttore di microprocessori, che vuole diventare il punto di riferimento della prossima generazione di intelligenza artificiale. Come? Grazie all’acquisizione di Nervana, start up specializzata in software per il deep learning, che sta progettando chip in grado di accorciare i tempi di apprendimento delle intelligenze artificiali. I nuovi chip sono attesi sul mercato a metà del 2017 ma l’obiettivo è di creare entro il 2020 un processore capace moltiplicare per 100 le prestazioni possibili adesso.
IDEE DI INVESTIMENTO
Google, Microsoft, Apple, Facebook e Amazon, ma anche la cinese Baidu stanno potenziando l’intelligenza artificiale, a partire dalle tecnologie dei cloud, le grandi piattaforme che gestiscono dall’esterno una quantità enorme di dati, informazioni e funzioni che vengono caricati direttamente sulla rete, ampliando la memoria dei pc e dei sistemi informatici aziendali. Secondo l’analisi di Cb Insight, nel 2015 è stata investita la cifra record di 2,3 miliardi di dollari su questi sistemi e nel secondo trimestre del 2016, l’ammontare di finanziamenti a start up nel campo dell’intelligenza artificiale è arrivato a più di un miliardo di dollari, un livello mai toccato prima. Il 70% degli investimenti è andato a start up americane.
Per puntare sul trend dell’intelligenza artificiale la scelta più giusta è un fondo azionario specializzato in tecnologia. Ecco i migliori per rendimento a tre anni.
- Threadneedle (Lux) Global Technology AU rende il 26,22% a tre anni (+17,67% da gennaio a novembre 2016): Il fondo è gestito da Paul Wick che investe in società con attività in tecnologia e in società legate alla tecnologia in tutto il mondo. Apple e Synopsys sono due dei titoli più pesanti in un portafoglio che è in investito per oltre il 90% in tecnologia e in America.
- Fidelity Global Technology Fund Classe E (acc) rende il 23,20% a tre anni (+16,24% da gennaio a novembre 2016). Il fondo è gestito da HyunHo Sohn e ha come obiettivo le aziende che hanno sviluppato o svilupperanno prodotti, processi produttivi o servizi direttamente o indirettamente legati all´evoluzione della tecnologia. Apple, Alphabet e Samsung sono tra i primi cinque titoli nel portafoglio che è investito al 93% in tecnologia e al 73% sul listino americano.
- Raiffeisen Azionario Tecnologia (r) rende il 22,13% a tre anni (+11,13% da gennaio a novembre 2016). La scelta dei singoli titoli è basata sull’analisi dei dati fondamentali dell’azienda e del quadro macroeconomico. L’orizzonte d’investimento temporale consigliato è di almeno 10 anni. Apple, Facebook e Microsoft sono tre dei titoli più pesanti in un portafoglio che è investito all’89% in tecnologia e per oltre l’80% sul mercato americano.
Note
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