Possibile e appropriato. L’aumento dei tassi nella riunione di giugno della Fed sembra sempre più probabile. L’ultimo segnale al mercato è arrivato da Erich Rosengren, presidente della Fed di Boston, considerato una “colomba” all’interno del comitato della banca centrale americana. Eppure in un’intervista al Financial Times ha detto chiaramente che “si stanno creando le condizioni per un rialzo a giugno”.
Prima di lui c’erano stati altri segnali chiari: il presidente della Fed di Atlanta, Dennis Lockhart, aveva avvertito il mercato mettendolo in guardia dall’errore di non prendere in considerazione la possibilità che il costo del denaro possa essere incrementato nella riunione di metà giugno. E anche John Williams, presidente della Fed di San Francisco ha detto che “qualche decisione potrebbe essere presa”. E poi c’è lei, Janet Yellen, che venerdì 27 maggio è attesa ad Harvard per un discorso che potrebbe fugare ogni dubbio sulla stretta di metà giugno dopo che a marzo era stata costretta a rimandare.
Per gli economisti il rialzo arriva a settembre
E i mercati dopo aver a lungo fatto finta di niente adesso cominciano a credere alla prospettiva del rialzo. Lo dicono i sondaggi e le rilevazioni di Cme group che misura con il Fed watch le probabilità di manovra della banca centrale, monitorando l’andamento dei futures. Il barometro segna la probabilità di un rialzo dello 0,50 al 73,8% e dello 0,75 al 26,3%. L’occasione del Fomc del 14-15 giugno sembrerebbe favorevole perché consentirebbe alla banca centrale di spiegare nel dettaglio la propria decisione di un eventuale rialzo. Ma c’è un grosso ma: a distanza di pochi giorni è in programma il referendum sulla Brexit, che potrebbe causare sui mercati, specie europei, una volatilità fortissima.
Janet Yellen ha sempre detto che un’eventuale addio della Gran Bretagna all’Unione Europea e i tassi di cambio sono fra i rischi all’economia globale, ma secondo l’analisi della Fed, complessivamente, sono diminuiti rispetto a marzo anche se vanno monitorati. E proprio per questi rischi, il sondaggio condotto da Reuters con 90 economisti a metà maggio dava un risultato negativo al rialzo di giugno: un terzo degli intervistati, infatti, è convinto che la Fed ritoccherà al rialzo il costo del denaro nel meeting di settembre, in una forchetta compresa tra lo 0,50 e lo 0,75%.
IDEE DI INVESTIMENTO
L’idea di un rialzo dei tassi americani alla metà di giugno è bastata per far compiere al mercato movimenti di breve periodo tipici di queste occasioni: si comprano dollari, si vendono titoli di Stato statunitensi e le Borse emergenti. Ma non solo. Ecco cosa aspettarsi nelle prossime settimane e quali sono gli asset che saranno maggiormente colpiti dalle decisioni della Fed:
- Un rafforzamento del dollaro contro euro. I grandi investitori hanno già ripreso ad acquistare dollari e la moneta unica è scesa a 1,12 dollari.
- Una frenata delle Borse dei Paesi emergenti. Il barometro qui è l’indice Morgan Stanley Capital Index (Msci) emerging market che ha ripiegato nelle ultime settimane di circa l’1%.
- Indebolimento del prezzo del petrolio e delle materie prime. L’oro nero aveva ripreso a salire ma non è riuscito a superare la soglia dei 50 dollari, e l’oro che con i fondi che investono in materie prime sono la miglior asset class da inizio anno ma potrebbero indebolirsi nel breve.
- Vendite sui titoli di Stato americani, acquisti sui titoli bancari. Quando la stretta è vicina, il mercato tende a liberarsi delle obbligazioni statali, T bond, e ad acquistare le azioni delle banche e delle assicurazioni e vendere quelle legate ai consumi ciclici.
Note
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1 Commento
Grazie per l’ottima spiegazione io non ne sapevo proprio nulla,