L’autunno comincia con i mercati che non si sono riposati durante la pausa estiva, anzi, ci stanno elargendo diverse novità. I movimenti delle ultime settimane sono stati rilevanti in termini assoluti ed hanno coinvolto quasi tutte le asset class in entrambe le direzioni: osservando solo il saldo di un portafoglio ben diversificato, non lontano dai livelli di fine luglio, potremmo cadere nell’errore di credere che i mercati stiano lateralizzando placidi e tranquilli, ma entrando nel merito delle asset class risultano evidenti ampi movimenti.
Analisi di mercato: non c’è una direzione netta
- Materie prime. Un esempio arriva dalle commodities, per le quali è complicato individuare delle vere e proprie tendenze. Alcuni metalli ad uso industriale avanzano spediti, come lo stagno, l’alluminio e lo zinco, che nelle ultime settimane ottengono risultati prossimi al 10%. Più dura è la sorte per i metalli preziosi, come il platino, che cede circa il 6%. È interessante notare la divergenza dei risultati rispetto ai rendimenti da inizio anno, dalla quale si evincono diffuse inversioni di tendenza o ritorni verso le trendline.
- Valute. Il Forex è ricco di novità, anche se i movimenti più ampi riguardano principalmente valute secondarie, mentre tra quelle principali persiste un certo equilibrio, superiore alle aspettative che sarebbe lecito presumere alla luce delle rilevanti azioni operate dalle banche centrali nelle ultime giornate.
- Azioni. I movimenti dei principali listini azionari disegnano un quadro, anche qui, in contrasto con le impostazioni di medio periodo. Saltano all’occhio Brasile, Indonesia e Hong Kong, che riportano in positivo le performance da inizio anno, ma anche Turchia e Russia che patiscono gravi affondi. L’Europa mediterranea risulta fortemente divisa, tra le ottime performance della Spagna in netto contrasto con la debolezza della Grecia.
Risparmio gestito: bene gli indici e riparte l’immobiliare
Con riferimento all’industria del risparmio gestito, più della metà degli indici di categoria azionarie mostra risultati positivi. In valore assoluto la variazione migliore supera quella peggiore, con un rendimento medio leggermente positivo. I fondi specializzati sui mercati di Indonesia, Thailandia e Brasile registrano le migliori performance, grazie a significativi investimenti recenti da parte di grandi aziende nei settori energetico e tecnologico, che hanno attratto capitali e sostenuto le valute locali.
Il fenomeno non è così recente: da mesi i timore di un rallentamento dell’economia cinese sta spingendo le big cap a reindirizzare la produzione verso altre economie emergenti, che conservano un ottimo differenziale di crescita accompagnato da un livello medio di indebitamento piuttosto basso. Si individua inoltre un buon vantaggio competitivo delle large cap rispetto alle small, diffuso in ogni area geografica.
Tra i fondi azionari settoriali, l’immobiliare è il tema più rilevante, con ritorni tra il 3% e il 4%. Le ragioni sono diverse: ad alcune più strutturali, quali il diffondersi di vincoli più stringenti in termini di sostenibilità ambientali, si aggiunge l’allentarsi dei tassi ufficiali, un fenomeno nel quale sempre più operatori stanno credendo e che dovrebbe rendere i mutui più convenienti nei prossimi dodici mesi. Anche i settori fintech e farmaceutico mostrano buoni risultati, nonostante siano stati deboli nel medio periodo.
Gli indici obbligazionari di categoria sono in crescita nel 64% dei casi, con una distribuzione delle performance che tende verso rendimenti positivi. Il rendimento medio è di 33 punti base. Il fattore valutario è cruciale per spiegare la classifica: il dollaro australiano e le corone scandinave offrono i migliori ritorni. Al contrario, i fondi monetari in dollari USA registrano la peggiore flessione, sebbene contenuta grazie alla gestione attiva dei prodotti, nonostante la svalutazione del dollaro.
IDEE DI INVESTIMENTO
Sui mercati pare regnare la fiducia, ed il recente taglio dei tassi operato dalla BCE non può che dare una spinta in tale direzione. Tuttavia, i prossimi sviluppi nell’immediato futuro rimangono incerti, così come incerto è il riflesso sui mercati stessi, che stanno almeno parzialmente già scontando le aspettative più ottimistiche. In particolare:
- I contrasti in BCE. Il direttivo della banca centrale pare infatti poco coeso ed al suo interno annovera esperti con posizioni contrapposte. Una buona fetta degli analisti stima un’ulteriore correzione verso fine anno, escludendo iniziative di rilevo nel prossimo bimestre, soprattutto per la presenza di falchi che fanno leva su un mercato del lavoro tonico e dati ancora vivaci sull’inflazione (comunque in linea con la “normalità” dei decenni antecedenti alla crisi del 2008).
- Le indicazioni della FED. Tutta l’attenzione è rivolta verso l’appuntamento con la FED il 18 settembre, in occasione del quale la banca centrale potrebbe tagliare i tassi in misura significativa. A ben vedere, l’economia Usa appare in salute e gli estemporanei timori su un peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro si stanno puntualmente rivelando infondate, rendendo non necessaria una riduzione del costo del denaro. Tuttavia, è cosa nota che, almeno storicamente, alla FED piaccia affrontare la stagione elettorale con politiche monetarie espansive.
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