La condivisione dei dati di geolocalizzazione è un elemento chiave per combattere il contagio da Covid-19. Lo dimostrano l’esempio di alcuni Paesi (Singapore, Taiwan, Corea del Sud e la regione del Kerala in India) che da subito hanno effettuato un uso rigoroso del tracciamento dei contatti, attraverso canali digitali e fisici. L’efficacia di questa metodologia in caso di malattie importanti non è nuova: il sistema ha funzionato con la SARS nel 2003, con l’AIDS negli ’90, e sempre nel secolo scorso in caso di pandemie di tifo e influenza. Oggi il canale digitale con App e tracciamento delle celle telefoniche dei telefoni rende tutto più veloce e statisticamente più affidabile. I sudcoreani esposti al virus, per esempio, devono scaricare una App per poter essere monitorati durante l’auto-quarantena e la stessa cosa accade a Singapore con il sistema denominato self- quarantine protection che utilizza anche il GPS.

Non c’è dubbio che un sistema di tracciamento affidabile risolverebbe diverse criticità e per questo sono scese in campo le principali società che sull’utilizzo di Big data e intelligenza artificiale (AI) hanno costruito business e ricavi. Tra queste ci sono Apple, produttore di iPhone, e Alphabet, società collegata a Google, che fornisce il sistema operativo utilizzato nei dispositivi Android hanno deciso di unire le forze per rendere la tracciabilità dei contatti più semplice e davvero capillare nell’era del Coronavirus.

A partire dal maggio 2020, Apple e Alphabet prevedono di consentire alle persone che utilizzano smartphone con i loro sistemi operativi – circa 3 miliardi dei 9 miliardi di persone del pianeta – di ricevere avvisi se hanno fatto percorsi dove ci sono persone infette. Ma non solo. Già oggi Alphabet rende noti pubblicamente rapporti sulla mobilità che mostrano con dati anonimi dove, come e quanto le persone si spostano con l’obiettivo di aiutare i ricercatori a tracciare meglio la malattia. I rapporti sono elaborati leggendo i dati di Google Maps che è utilizzata da oltre 1 miliardo di persone in tutto il mondo.

Accanto a Apple e Google è scesa in campo anche Facebook, un’altra enorme banca dati digitale Facebook che sta potenziando il sistema che legge i dati sulla posizione dell’utente. L’obiettivo dichiarato anche in questo caso è offrire ai ricercatori e alle organizzazioni non profit che cercano di studiare l’epidemia del coronavirus Covid-19 più informazioni possibili. Il più grande social network del mondo – circa 2,5 miliardi di utenti nel mondo – condivide informazioni anonime e aggregate sulla posizione degli iscritti per capire dove sono i focolai della pandemia e collabora con oltre 150 organizzazioni per utilizzare tali dati per la ricerca. L’ampliamento del sistema di Facebook prevede, per esempio, di aggiungere informazioni sulle persone che stanno in casa, monitorando quello che oggi è ritenuto un problema significativo: i contagi familiari. I ricercatori dell’università di Harvard, per esempio, stanno usando queste informazioni per valutare se le misure di distanziamento sociale stiano effettivamente contribuendo a ridurre la diffusione del virus che ha già infettato oltre 1,3 milioni di persone nel mondo.

Queste enormi banche dati di tracciamento delle persone hanno però suscitato da subito perplessità sulla privacy delle persone, nonostante si dichiari che tutte le informazioni restino anonime. Secondo un’analisi del MIT di Boston, siamo di fronte alla più grande operazione di fiducia richiesta alle persone che comporta un nuovo contratto sociale non solo con le aziende che tracciano i nostri dati, ma anche i nostri vicini, le nostre comunità e i nostri governi. L’obiettivo comune dovrebbe essere usare tecnologia per combattere una crisi sanitaria, ma il dubbio che l’enorme mole di dati che possiamo fornire potrebbe essere usato mala una volta finita la pandemia è un freno a questi sistemi.

Al MIT è in corso un progetto che tenta di coniugare l’utilizzo delle tecnologie mobili esistenti per sviluppare rapidamente il tracciamento dei contatti, preservando la privacy. Utopia? Secondo il MIT è possibile se, per esempio, quando qualcuno risulta positivo per Covid-19, gli operatori sanitari possano scaricare i nomi di coloro che si trovavano nelle immediate vicinanze della persona infetta durante il periodo di tempo pertinente senza accedere ai loro spostamenti. I ricercatori le chiamano informazioni di ancoraggio e gli scienziati informatici potrebbero integrarle con i dati provenienti da un’ampia gamma di fonti per prevedere i rischi di infezione a livello di comunità. Questi dati, secondo il MIT, consentirebbero una valutazione del rischio più dinamica, sufficientemente precisa e attuale per decidere quali luoghi riaprire (scuole, fabbriche, negozi e così via) e per quanto tempo.

Sulla carta la tecnologia sembra la soluzione più veloce contro i lockdown e la recessione economica ma il nodo centrale è: possiamo fidarci delle grandi aziende tecnologiche e dei governi che utilizzano e controllano i dati? La risposta non è un sì pieno, anzi, dato che i precedenti delle Big tech in tema di privacy non sono buoni. Per questo diversi Paesi e soprattutto l’Europa a livello comunitario stanno già lavorando su come regolare meglio la raccolta dei dati, prevenire i pregiudizi algoritmici e limitare l’uso della sorveglianza di massa, come la tecnologia di riconoscimento facciale. L’obiettivo è arrivare a una normativa che dia degli standard a cui adeguarsi sulla privacy, l’utilizzo dei dati personali e la vigilanza sul processo decisionale dell’algoritmo. E qui si arriva al secondo punto dopo la fiducia che è il tempo: tutto deve accadere alla velocità del virus, molto rapidamente.

IDEE DI INVESTIMENTO

Adattare le regole della privacy per combattere la pandemia è il tema su cui i governi si interrogano in questa fase, ma non c’è dubbio che Big data e privacy siano una questione ricorrente quando si parla di social media e di Google ma anche uno dei driver che guida, nel bene e nel male, l’andamento del settore della tecnologia come investimento di lungo periodo. Secondo l’analisi di Columbia Threadneedle Investments, sebbene lo scenario legato al COVID-19 sia ancora in divenire, l’epidemia non spazzerà via le tendenze tecnologiche trasformazionali di lungo periodo:

Per investire in tecnologia la migliore diversificazione di portafoglio e dei rischi è possibile con un fondo azionario globale settoriale (Categoria Morningstar: Azionari Settore Tecnologia).

La top 5 dei fondi azionari tecnologia che hanno battuto il Coronavirus

ProdottoRendimento YTDRendimento 1y
Jpm Us Technology D (acc) - Usd1,86%10,06%
Franklin Technology Fund A (acc) EUR0,75%9,20%
Polar Capital Funds PLC - Polar Capital Global Technology Fund Income EUR -0,79%12,51%
BGF World Technology Fund Classe E2-0,98%11,61%
BNP Paribas Funds Disruptive Technology Classic Distribution -1,76%9,40%
Nella tabella, i migliori fondi azionari tecnologia che hanno resistito meglio alla crisi della pandemi da Covid -19 ordinati per rendimento da gennaio 2020. Dati in euro aggiornati al 15 aprile 2020. Fonte: Morningstar.

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Note

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

 

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Autore

Roberta Caffaratti

Roberta Caffaratti

Competenze:
Giornalista segue da oltre 20 anni le dinamiche del mercato del risparmio gestito, della consulenza finanziaria e dei protagonisti del mondo degli investimenti. Per Online SIM scrive di scenari e storie di mercato, megatrend e idee di investimento, educazione finanziaria.

Esperienza:
É stata caporedattore di Bloomberg Investimenti e poi vicecaporedattore di Panorama Economy (Gruppo Mondadori).
Nel 2015, dopo la lunga carriera nella carta stampata economica, è passata alla comunicazione come responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content occupandosi di progetti editoriali in diversi settori (risparmio, finanza, assicurazioni).
Dal 2015 cura la redazione dei contenuti del Blog di Online SIM, che oggi conta oltre 1200 articoli.

Formazione:
Ha una laurea in lingue e letterature straniere e una specializzazione in giornalismo.

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