Il presidente cinese Xi Jinping punta con decisione su Internet per dare una spinta al PIL del Paese che, per la prima volta da anni, è in leggera frenata. Internet, che per anni è stato visto dai Governi cinesi come il demonio, adesso è il miglior alleato della crescita soprattutto se applicato al mercato dell’e-commerce che vale a livello globale 25.000 miliardi di dollari. Per questo la Cina vuole scrivere le regole del mercato dell’e-commerce entrando a far parte del gruppo che comprende Paesi Ue, America e altri 47 membri dell’Organizzazione mondiale del commercio che hanno avviato il confronto per arrivare a firmare un accordo commerciale digitale con l’obiettivo di ridurre gli ostacoli transnazionali al commercio elettronico.
La Cina non vuole restare a guardare perché è leader mondiale dell’e-commerce, davanti degli Stati Uniti, con oltre 5.500 miliardi di dollari di vendite online, secondo dati Bloomberg, grazie al lavoro capillare di colossi come Alibaba e Baidu. Partecipare alla discussione per la scrittura di nuove regole commerciali per i cinesi è ancora più strategico in questo momento di guerra commerciale con gli Stati Uniti che ha già messo in crisi i rapporti all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio. Sul piatto c’è l’economia digitale, una forza potente per la crescita economica globale che dovrebbe essere guidata da regole basate sul mercato e barriere ridotte.
Secondo indiscrezioni, le nuove norme cercheranno di ridurre gli ostacoli che impediscono le vendite transfrontaliere, vietando i dazi e garantendo la validità dei contratti online e delle firme elettroniche a livello globale. In negoziato, però, è solo all’inizio e una stesura definitiva del testo dovrebbe arrivare non prima del 2020. La prima sessione di negoziazione formale è attesa a marzo 2019. Nel frattempo i principali mall online cinesi stanno già compiendo passi di vendita transfrontalieri. È il caso di Xiaomi che attraverso il nuovo e-commerce internazionale ShareSave vuole vendere i suoi prodotti fuori dai confini cinesi. E poi ci sono i marketplace come Tmall (gruppo Alibaba) e JD.com, che insieme coprono più dell’80% delle vendite B2C in Cina e sono attrezzati per conquistare i mercati globali.
L’e-commerce in Cina è strategico a tal punto che il Paese, unico al mondo per ora, ha creato un sistema di rating sull’affidabilità di fornitori e clienti, che consente di convertire il punteggio ottenuto in social credit, ovvero un programma di crediti sociali che al momento è in fase di sperimentazione in diverse città cinesi e coprirà tutto il Paese entro il 2020. Si tratta dell’evoluzione governativa di controllo digitale del merito di credito di imprese e clienti che aveva già sviluppato Alibaba con il sistema Sesame Credit che tiene traccia della storia creditizia e finanziaria, del comportamento e utilizzo dei social media e dell’e-commerce.
IDEE DI INVESTIMENTO
Il piano Made in China 2025 lanciato dal Governo cinese segna il cammino della più grande rivoluzione tecnologica del Paese grazie allo sviluppo di una politica industriale ambiziosa. La sfida è con gli Stati Uniti. Intanto sono ripresi i negoziati USA/Cina a Washington, proprio dopo il varo da parte della banca centrale cinese di un programma denominato CBS (Central Bank Bill Swap), ossia un piano di scambio di titoli perpetui emessi dalle banche del paese a fronte di Treasury, i titoli di Stato Usa, detenuti dalla PBOC. «La Cina in questo modo riesce a presentarsi ai negoziati in una posizione di relativa forza, con manovre varate a sostegno dell’economia domestica sia dal lato fiscale sia da quello monetario», ha commentato Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte SIM.
Non c’è dubbio che la Cina sia il Paese emergente da tenere d’occhio. «Crediamo che i primi sei mesi del 2019 abbiano in serbo sia sorprese positive che sfide realistiche prima che Cina e Stati Uniti trovino finalmente un accordo. Le dichiarazioni dei leader cinesi lasciano supporre che siano pronti a fare compromessi, e al Presidente Trump piacciono i bracci di ferro, come dimostrato con la Corea del Nord e il NAFTA”», ha commentato Krishan Selva, Gestore di portafoglio clienti di Columbia Threadneedle Investments secondo cui sui Paesi emergenti così come l’euforia del 2017 si è rivelata un indicatore poco affidabile per il 2018, non è detto che gli affanni del 2018 detteranno il passo al 2019.
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